Daniela Ducato e i mattoni fatti di alghe e terra. Così un'imprenditrice sarda reinventa l'edilizia verde.

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La sardegna , nonostante le continue mitizzazioni e luoghi comuni ormai duri a morire è come dimostra ( vedere oltre i link citati negli articoli di repubblica .it del 5\7\2014 anche ti potrebbe interessare \ per approfondire ) d'essere all'avanguardia ed questo uno dei Casi . La storia ed il lavoro di Daniela Ducato . EssaProduce materiali, ad alta tecnologia industriale, realizzati senza una goccia di petrolio solo con surplus ed eccedenze vegetali animali e minerali, risorse spesso smaltite come rifiuti. Premio New Urbanism a New York per il piano del verde a misura di farfalla e di biodiversità e Premio Euwiin a Stoccolma come migliore innovatrice Europea, settore ecofriendly, ha realizzato la Materioteca "Edilana Green House CO2.0" i cui 250 prodotti, sono i primi al mondo in edilizia, acustica, geotecnica, design, ad avere la certificazione del 100% di tracciabilità ambientale, geografica, economica, sociale delle materie prime e dei cicli produttivi, per una Architettura di Pace, indipendente dal petrolio a misura d'uomo e di donna




Daniela e i mattoni fatti di alghe e terra. Così un'imprenditrice sarda reinventa l'edilizia verde.
Un tetto ad alta efficienza energetica realizzato con pura lana di pecora. O un tavolo di lana di mare e olio di oliva. Il riuso che nasce dalla terra e dal mare e che serve per costruire. Di tutto questo Daniela Ducato, imprenditrice sarda ne ha fatto un lavoro e uno stile di vita. Tanto da essere premiata a Stoccolma con l'Euwiin International Award come miglior innovatrice d'Europa nell'edilizia verde. Perché l'eccedenza deve produrre l'eccellenza

di Giampaolo Colletti 







La si può chiamare innovatrice sociale, imprenditrice, agevolatrice del cambiamento. Ma lei, in fondo ama essere definita 'trasformatrice di rifiuti'. "Perché in realtà è questo quello che faccio. Lavoro quei materiali che nascono dalla terra e dal mare, in abbondanza e in eccedenza", afferma Daniela Ducato, cinquantaquattrenne di Cagliari che ha reinventato la bioedilizia, declinandola con un'attenzione maniacale all'ambiente e alla salvaguardia della sua terra. Daniela lo scorso autunno è stata premiata a Stoccolma con l'Euwiin
International Award come miglior innovatrice d'Europa nell'edilizia verde. Con lei l'edilizia - "uno dei settori più inquinati al mondo", afferma - ha virato verso la sostenibilità ambientale. Perché Daniela non ha dubbi: "L'eccedenza deve produrre l'eccellenza". Lei produce materiali ad alta tecnologia industriale, realizzati senza una goccia di petrolio. Ha realizzato la Materioteca Edilana Green House CO2.0, i cui 250 prodotti sono i primi al mondo in edilizia, acustica, geotecnica, design con la certificazione del 100% di tracciabilità ambientale, geografica, economica, sociale delle materie prime e dei cicli produttivi.
Amore viscerale per la terra, intesa anche come radici, origini, identità. Un amore appassionato. "Sono orgogliosamente cagliaritana. La mia ispirazione nasce in questa città che mi inebria. È una città fisica, sensuale. Qui ci sono muri dove crescono i capperi. Stare qui è fonte di ispirazione", racconta. Spesso Daniela approda a Guspini, paese a sessanta chilometri da Cagliari, nel Medio Campidano. Qui c'è la sua azienda specializzata nella produzione dei materiali per l'edilizia. Lei è anche coordinatrice del Polo Produttivo per la Bioedilizia La Casa verde C02.0: ci fanno parte oltre settantacinque aziende italiane - di cui un numero considerevole opera in Sardegna, in ogni angolo dell'isola - tutte impegnate in ambito di bioedilizia. E poi c'è una comunità di Slow Food che affianca questo polo. "Noi lavoriamo con le eccedenze dell'agricoltura, ecco perché è importante questo presidio".
Così si trasformano le eccedenze e gli scarti delle lavorazioni agricole - latte, lana, olio, gusci, vino - in materiali per l'edilizia. L'idea è del 2008. "In Italia abbondano le eccedenze di sottolavorazioni, per anni scartate come rifiuti da chi pensava non servissero più", precisa. L'incontro con Daniela parte da una sua domanda. "Conosce il nido del pettirosso? Ecco da questo nido nascono le case che progettiamo per gli uomini". E così una meticolosa osservazione può generare una geniale intuizione. Di questo Daniela Ducato parlerà al Next di Cagliari giovedì 10 luglio alle ore 19.30 in piazza Palazzo 


Ci racconta meglio la storia del pettirosso?

"E' una storia affascinante e reale. Perché un pettirosso ci ha ispirato. Abbiamo studiato vari tipi di nidi di uccelli, e quelli del pettirosso hanno concentrato la nostra attenzione. Ci hanno guidato i movimenti del petto e del becco, e così li abbiamo tradotti in movimenti di macchine industriali. Il pettirosso d'altronde è un animale che si adatta, e ha la caratteristica di nidificare in vari climi. E' un nido molto performante il suo. Il pettirosso in fondo è un architetto e non può sbagliare il nido. Ne va della sua sopravvivenza".

Noi 'umani' siamo invece spesso più indisciplinati del pettirosso?

"Per anni ci siamo fatti guidare dal settore del petrolchimico, è questa l'origine dei nostri guai ed è fattore di crisi. Il petrolio è la prima causa al mondo di discriminazioni, causa guerre e conflitti sociali. Noi adottiamo additivi naturali che servono per fare i vari prodotti, senza utilizzare quegli con sintesi chimica e petrolchimica. E poi non parliamo di riciclo, perché è una parola subdola. Nel riciclo ci sono degli usi di energia. Parliamo di riuso, perché il materiale ritorna ad essere terra feconda".

Come definirebbe il suo lavoro?

"Come una contadina che cerca di produrre dei buoni pomodori. Io in realtà sono una contadina dell'edilizia e cerco di produrre materiali che non abbiano una sola goccia di petrolchimico. Dalle fibre di carciofi alle sottolavorazioni di formaggi. Finito il ciclo di vita questi prodotti ritornano laddove si trovavano: ad essere terra feconda".

Come ha iniziato questo percorso?

"A Guspini si è iniziato a costruire in posti splendidi, alla fine degli anni '90 e inizi anni Duemila. Nuove costruzioni in cemento. Io ero una giovane mamma e non avevamo modo di oppormi. Così ho iniziato ad allevare farfalle, a studiarle, ad ammirarle. La farfalla è il primo animale che muore quando viene a mancare un pezzo di paesaggio. L'azione impollinatrice delle farfalle è fondamentale. Perché lavorano anche di inverno quando le api vanno in letargo. Abbiamo iniziato ad allevare farfalle. Nel tempo abbiamo trasformato ventidue aree in spazi tematici ad alto tasso di farfalle".

Qual è la missione della sua aziende e delle aziende di questo distretto Casa Verde CO2.0?

"Innanzitutto ci siamo dati un nuovo concetto di distretto: non accentramento ma decentramento costruttivo, con una valorizzazione delle specifiche identità. E poi ci siamo dati un protocollo disciplinare: non si usa petrolchimica, e abbiamo deciso di adottare il meccanismo della Banca del Tempo. Non ci sono monete di denaro, ma c'è uno scambio di competenze e di parti prototipali. Questo ci permette di risparmiare tempo e denaro, perché mettiamo in circolo la ricerca. Le nostre attività necessitano di competenze multidisciplinari, con ingegneria e architettura in prima linea, ma c'è anche bisogno di competenze legate alla botanica o all'entomologia. E poi ci sono i saperi della comunità. Insomma tanti settori entrano in gioco".

Che tipo di ricerca fate?

"Ricerca condivisa e democratica. Il mio risultato diventa quello di tutti e patrimonio della collettività. E poi da queste relazioni di qualità nascono le ricerche più proficue, perché abbiamo bisogno di contaminarci, di scambiarci esperienze". 

La ricerca dove vi sta portando?

"La nostra ultima novità ha a che fare con il mare. Si chiama 'la lana di mare', e per arrivarci siamo partiti dalla lana di pecora. Di fatto abbiamo attuato un trasferimento tecnologico. Si tratta di un materiale isolante che ha delle caratteristiche particolari superiori al legno, perché è derivante dal legno delle foreste marine. Non andiamo a prelevare niente dal mare ma operiamo sulle eccedenze che provocherebbero problemi igienico-sanitari. Quando in quel momento quella parte diventa rifiuto interveniamo noi, sollevando le casse comunali dal costo di smaltimento".

Quale slogan o messaggio adotterebbe per Cagliari 2019?

"Punterei sul coraggio, che è una materia prima intangibile e che è una speciale vitamina C. Insieme non ci dobbiamo sentire mai soli, e ancora insieme in questo scambio di competenze possiamo trovare le giuste soluzioni".

Qual è elemento che caratterizza un 'nexter', ovvero un innovatore del nostro tempo?

"L'ascolto. E' l'elemento essenziale".



Next, a Cagliari per raccontare “la forza di avere dei punti deboli fortissimi”






“Il nostro vero punto di forza per diventare capitale europea della cultura nel 2019 è che partiamo da punti di debolezza fortissimi”. Nella allegra confusione che c’è nell’atrio del palazzo dell’Unione Sarda a Cagliari, questa frase mi inchioda nella sua folle bellezza. E’ accaduto venerdì scorso, stava per iniziare la due giorni di Sinnova, il salone delle imprese sarde votate all’innovazione promosso da Sardegna Ricerche. Io ero lì
perchè di lì a poco avrei dovuto intervenire al panel d’apertura (per scoprire che la Sardegna adesso ha un presidente che parla d’innovazione con passione e competenza rare in un politico. Segnate questo nome: Francesco Pigliaru). Ma ero lì soprattutto per cercare il filo rosso delle storie che con Repubblica metteremo in scena al prossimo Next, il 10 luglio, manca pochissimo accidenti. La frase sulle debolezze che diventano punti di forza me l’ha detto una giovane donna, assessore alla cultura e vero motore della candidatura di Cagliari 2019. Si chiama Enrica Puggioni, ha 35 anni, è laureata in filosofia (e si sente). Si definisce “ontologicamente di sinistra”. Racconta che stava in Germania quando l’ha chiamata il sindaco per offrirle il posto di assessore. Ed eccola qui.
Senza piaggeria, è una forza. Parla della candidatura di Cagliari con passione autentica. Se le dici che Lecce, Matera e Siena sembrano più attrezzate risponde che nessuno pensava che Cagliari potesse arrivare in finale, “quindi vediamo”. E poi, è questo il punto, quello che si sta facendo per Cagliari è giusto farlo con o senza il titolo di capitale europea. Si riferisce alla “riscrittura dei territori”, alla creazione di una città “connessa, policentrica e ricucita nel suo paesaggio” ma anche nei suoi valori, rimettendo al centro le donne. Magari così possono sembrare cose vaghe ma non lo sono: “C’è un piano opere pubbliche di 343 milioni di euro”. E c’è un recupero di tanti “spazi non spettacolarizzati” che stanno ridiventando motori di innovazione sociale. Come quello dove ci hanno chiesto di fare Next, il prossimo 10 luglio. Non un teatro, non una piazza famosa. Ma piazza Palazzo. Ci sono stato, venerdì, ed è un parcheggio per auto. Fino al 10 luglio appunto, perché da allora in poi sarà pedonalizzata e ci sarà l’inaugurazione di una mostra su Maria Lai con l’allestimento anche di Antonio Marras e poi noi, la Repubblica degli Innovatori. Come al solito tantissime storie ma se posso dire la mia, senza sbilanciarmi, in quelle che metteremo in scena stavolta c’è più orgoglio, più appartenenza: Renato Soru, Michela Murgia, Geppi Cucciari, Daniela Ducato e tanti altri per raccontare il cambiamento possibile. Quella sera poi tutti assieme voteremo lo slogan di Cagliari2019. Una bella coincidenza che il concorso aperto chiuda proprio quel giorno. Quindi mandateci i vostri slogan per raccontare il senso di Cagliari capitale della cultura. I migliori saranno votati lì in piazza.

P.s 
come  è stato  giustamente  fatto notare  in  commento nell'articolo   c'è   un refuso: l’artista notissima a livello internazionale non si chiama (chiamava, è morta l’anno scorso) Marisa, bensì MARIA Lai. Vedi anche http://www.stazionedellarte.it/ oppure http://www.sardegnadigitallibrary.it/index.php?xsl=626&id=132108

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