cara valentina nappi la mafia non è cultura ma merda

da  http://www.fanpage.it/valentina-nappi/

 La mafia è cultura
Alla radice di tutti i fenomeni mafiosi. Uno scritto polemico di Valentina Nappi e "Mr. Troll".


Il discorso sulla mafia, sulla camorra, sulla sacra corona unita, sulla ‘ndràngheta ci porta lontano. Lontano non solo – come più volte ha sottolineato Roberto Saviano – geograficamente, geopoliticamente. Quella è pur sempre l'onda corta del fenomeno. Si tratta degli aspetti contingenti. Internazionali, transnazionali, ma pur sempre contingenti. Storici. C'è invece un'onda lunga, metastorica, che affonda le sue radici in una profondità abissale, e fa da trait d'union fra la Faida di Petilia Policastro e le “gang” di scimpanzé killer che si ammazzano fra di loro, passando per gli auto da fé dell'Inquisizione spagnola, per i sacrifici umani dell'antichità e per tutta la brutalità indicibile che ha attraversato e sta attraversando la nostra storia. Ma tutto questo è, in qualche modo, riconosciuto. Negli ambienti scientifici e umanistici à la page, tutto ciò è dato per acquisito. Vogliamo però ora aprire ancor di più gli occhi, e pervenire a una tesi che in molti non riusciranno ad accettare.
La mafia è cultura.
Ebbene, c'è un legame profondissimo tra i fenomeni mafiosi e il cosiddetto rispetto dovuto ai genitori, ai nonni, agli insegnanti (ci viene in mente il rispetto che, a Casal di Principe, c'è verso la figura del professore, e parallelamente ci vien da pensare ai maestri delle scuole coraniche e al modello di “venerato maestro” che ancora resiste in Giappone, culla della Yazuka). Si tratta di una cultura, di una logica totemica, simbolica, comunitaria. Che aborrisce lo sfregio, l'affronto, la hýbris (e Saviano, purtroppo, lo sa bene) assai più dell'offesa materiale. Questo è ciò che la mafia è nella sua essenza più profonda. Questa è la radice di tutti i fenomeni mafiosi. Cultura. La mafia è fondamentalmente un sistema memetico, ossia un sistema di elementi culturali, fra loro in relazione, soggetti a meccanismi di riproduzione. Essa può essere definita come la risposta adattativa della cultura totemico-comunitaria al contesto del capitalismo moderno-contemporaneo. È patetico quindi dare la colpa al capitalismo. Il capitalismo è soltanto il sistema-ambiente entro cui la stessa vecchia logica tribale si declina e sopravvive. La declinazione odierna è la più violenta? Non sappiamo dirlo. Ma forse, ripensando alle brutalità del passato, possiamo affermare che non vorremmo mai tornare a quelle.

Riflettendo obiettivamente sulle evidenze storiche pre-capitaliste, non possiamo non riconoscere che l'estirpazione delle radici della violenza tribale-mafiosa è affare del tutto indipendente dal capitalismo. Le vere radici da sradicare – quelle davvero profonde e metastoriche – della cultura mafiosa sono ben altre. È dura da ammettere per alcuni, ma non c'è altra via: c'è da decapitare il nonno, il totem, l'identità comunitaria. Mafia, camorra – nel senso più profondo – vuol dire valore della verginità prima del matrimonio, vuol dire immagine della madonna tatuata sulla schiena, vuol dire rispetto p' ‘o professore, ‘o nonno, ‘o padrino. Vuol dire la catenina del battesimo. Vuol dire, anche, la “colletta” per aiutare gli in-comunitari in difficoltà. Tutto questo è cultura. Questa cultura È la mafia. La mafia È questa cultura. Mafia uguale: cultura e logica comunitaria, antimoderna, in un contesto pratico che giocoforza è moderno. Se, per ipotesi, nell'immediato futuro si tornasse a una società premoderna, la mafia continuerebbe ad esistere, solo che non farebbe più – come oggi invece è costretta a fare per banali ragioni pratiche (e quindi di autoriproduzione/affermazione materiale) – raffinate operazioni sui mercati finanziari. Ma continuerebbe ad essere ciò che è, ossia continuerebbe ad essere null'altro che quei valori, quella cultura, quella logica.
Abbiamo capito, quindi, che nel loro significato più profondo e autentico, “mafioso” e “comunitario” sono perfetti sinonimi, sono termini perfettamente intercambiabili, non c'è fra loro alcuna differenza: l'uno vale esattamente l'altro, e viceversa. Antimafia vuol dire anticomunitarismo. Vuol dire lotta contro qualsiasi cultura dell'identità comunitaria. Lotta contro ogni simbolo religioso, contro ogni totem, contro ogni rito in qualsiasi forma si presenti. Contro ogni forma di “rispetto” p' ‘o professore, ‘o nonno, ‘o padrino, l'antenato. Contro ogni forma di gerarchia simbolica orientata in direzione del passato, dell'origine, del genitore, del “prima”. Antimafia vuol dire vilipendio dei sentimenti totemico-comunitari. Antimafia vuol dire portare avanti fino in fondo, con la massima radicalità, le istanze libertarie, razionaliste, atee, empiriste, antitradizionaliste e – ci piace azzardare – futuriste e pornografiche della Modernità.

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