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Luoghi comuni e politica Dei luoghi comuni, della loro formazione e del loro ruolo nel discorso, specialmente quello persuasivo o dilemmatico, ne avevo già parlato ( 1 , 2 ). In estrema sintesi, per chi non volesse rileggere i link che ho proposto, i luoghi comuni sono quelle conoscenze universalmente condivise che usiamo nel discorso; il loro ruolo è particolare, perché in base alla cultura e alla sua omogeneità, possono essere presenti nella mente del parlante un luogo comune in grado di falsificarne un altro in base alla necessità discorsiva. Sinteticamente si possono considerare i luoghi comuni, come la conoscenza naif che Einstein avrebbe sul giardinaggio. Essi sono la base del relativismo culturale e al tempo stesso della produttività del discorso garantita dalla loro manipolazione e dall'assenza di staticità; Mosconi [1990] li considera magmatici, polimorfi, vaghi quanto una metafora. Una analisi dei luoghi comuni e della politica promette di restituire un ruolo centrale ai

Internet, il conformismo, il Leviatano

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L'emergere della cultura di gruppo è fortemente correlata al conformismo, da distinguere nella accezione negativa del termine, per considerarlo come la necessità, percepita dai singoli individui, di limitare la propria libertà, a favore di una necessaria semplificazione delle relazioni interpersonali. Infatti, condividendo regole e opinioni, il rapporto con l'Altro diventa meno imprevedibile, più semplice, e in fin dei conti possibile. E' facile scagliarsi in modo puerile contro i nuovi standard della moda o del costume in generale, rivendicando una identità propria e di rottura nei confronti della consuetudine, e per certi versi è anche giusto e desiderabile, per arrivare ad una identità propria, ma il troppo storpia in ogni caso, e quando si costruisce la propria identità come opposizione all'Altro per il piacere del diverso ad ogni costo si arriva a una regressione della propria personalità, che paradossalmente, nel suo desiderio di differenziarsi non riesce a trova

Alla ricerca del libero arbitrio (perduto?)

Domani l'esame di Fisiologica, si è una nota da diario personale, ma dopo attento studio del materiale di anatomia psicologica, posso dire che non è mai comparsa la parola "libero arbitrio", anzi mi sembra che nonostante le poco meno di 10000 pagine che ho studiato dall'inizio della facoltà di psicologia, questa parola non sia mai comparsa sui libri di testo. Quanto più si avvicina alla nozione comune di libero arbitrio è la psicologia dei processi decisionali, ben lontani dalla romatica visione di un uomo autore delle proprie scelte. La coscienza sembra essere la consapevolezza dei nostri mutamenti interiori, frutto di un confronto inconscio fra la realtà fenomenica e la nostra elaborazione percettiva. Siamo spettatori delle nostre azioni, che vengono guidate da invisibili equilibrismi sinaptici. Nei processi di decisione, differenti azioni competono nel nostro incoscio per trovare sfogo, e le sensazioni che proviamo nell'immaginare la loro messa in opera ci guid