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il caso di Malika Chalhy L'ALTRO LATO DELLE RACCOLTE DI FONDO ONLINE

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visto che l'astruso blocco di fb , eppure andando sul profilo dove di solito vengono elencate le restrizioni è pulito non c'è scritto niente,  pubblico qui  il post    che  volevo pubblicare  su  fb  . La  toria    dimostra    effetto collaterale  dei social   e della rapidità  dell'informazione online  che fa    prendere  lucciole  per  lanterne  .  Infatti  da repubblica del 2 .7.2021 Malika Ayane insulti e solidarietà social: "Ma quella Malika non sono io"La cantante ha postato un messaggio in cui ha chiarito (evidentemente ce n'era bisogno) di non essere la ragazza cacciata di casa dai genitori perché lesbica Il nome è lo stesso ma l'equivoco è pressoché inspiegabile. La cantante  Malika Ayane  ha chiarito sul suo profilo Twitter di non essere  la ragazza di vent'anni, Malika Chalhy , cacciata di casa per aver rivelato di essere lesbica. Nel messaggio sui social infatti scrive: "Cari #fulminidiguerra che mi intasate la mail e i social

tutti rivendicano la foto tranne chi l'ha scatta la foto sui pacchetti di sigarette

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Le ipotesi sono 1) persone gemelle o sosia ., 2) qualcuno\a in cerca di pubblicità o risarcimenti . Infatti il primo a " rivendicare " tale    foto come rubata è un uomo di 48 anni, Raffaele Leone,( foto sotto  a  sinistra  ) residente a Orbassano in provincia di Torino, il quale pare abbia affidato al social Facebook la sua denuncia, accusando l’Unione europea di aver preso la foto del padre senza alcun tipo di autorizzazione per la sensibilizzazione contro il fumo. Si tratta dell’ennesima denuncia da quanto è entrata in vigore la normativa dell’Unione europea che prevede l’utilizzo di immagini per sensibilizzare i consumatori sui danni provocati dal fuoco, e sono in tanti coloro i quali riconoscono se stessi o un loro caro sui pacchetti di sigarette. “La persona sulle foto dei pacchetti di sigarette è mio padre, ho tutte le prove e quella foto non è mai stata autorizzata”, è questo quanto dichiarato da Raffaele Leone, che

basta essere omonimi di Beppe Grillo è la pagina sul social network è diventata inaccessibile perché sommersa da valanghe di messaggi e da centinaia di richieste di amicizia indirizzate al comico-politico

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la  vita  è fatta  di cose  starane   .Eccone una   da   repubblica  online del 3\3\2013 "Facebook è diventato un inferno perché mi chiamo Giuseppe Grillo" L'omonimo del leader di M5s è un impiegato 39enne di Milano la cui pagina sul social network è diventata inaccessibile perché sommersa da valanghe di messaggi e da centinaia di richieste di amicizia indirizzate al comico-politico di LUCIA LANDONI Lo ammira e la settimana scorsa gli ha dato il suo voto, ma non è certo disposto a regalargli il suo profilo Facebook e la sua vita sociale, almeno quella che passa attaverso il web: Giuseppe Grillo, impiegato 39enne, è abruzzese d'origine ma ormai da anni milanese d'adozione e - ci tiene a ribadirlo - non ha nulla a che fare con il fondatore del Movimento 5 Stelle, ma negli ultimi giorni sta scoprendo quanto possa essere difficile convivere con il nome che porta. Giuseppe Grillo con la moglie "Seguo Grillo fin dai tempi in cui era anc

Si chiama Salvatore Parolisi, insultato su Facebook Vittima degli insulti un commesso olbiese che ha la sola colpa di chiamarsi come l’uomo condannato all’ergastolo per avere ucciso la moglie

 dalla nuova  sardegna  online del 29\10\2012 Su Facebook una pioggia di insulti, ma anche di richieste di amicizia, oltre 500. Ma il povero Salvatore Parolisi, cliccatissimo sul social network, non è l’uomo condannato un paio di giorni fa all'ergastolo per avere ucciso la moglie Melania Rea, ma è solo un povero commesso di 37 anni che lavora a Olbia. Un banale caso di omonimia che ha fatto finire sul patibolo virtuale il commesso, la cui unica colpa è di avere lo stesso nome e lo stesso cognome dell’uomo condannato un paio di giorni fa all'ergastolo  Tra loro nessun legame di parentela. «A me non interessano le vicende giudiziarie di quell'uomo – spiega Parolisi, l’olbiese –, ma vorrei essere lasciato in pace. Non è piacevole essere sommersi di insulti per colpe non proprie, per un puro caso di omonimia. Da alcuni giorni il mio profilo su facebook è stato preso di mira da migliaia di persone. Qualcuno si è convinto che sia io quel Parolisi e ha deciso di sfogarsi sul mio