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De André, l'anima salva

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Dieci anni fa moriva a Milano Fabrizio De André . Ripropongo qui sotto il ricordo che scrissi allora per l'occasione, consapevole che uno come lui, di là da ogni retorica, ci accompagnerà lieve e silente per tutto il migrare dei giorni. Fabrizio De André ci ha lasciati con una sensazione di levità, di dolcezza, di gentilezza. Di famiglia. Perché Fabrizio era la famiglia. La sua certamente, innanzi tutto. Così presente, e nello stesso tempo così discreta. Così, direi, patriarcale. Con Fabrizio De André non occorrevano molte parole, bastava uno sguardo, un sorriso, un cenno. Il resto era tutto lì, nella secolare saggezza genovese, nei labirinti di una città arcana, obliqua, imprendibile, nel sontuoso (e talora scostante) scarlatto dei palazzi patrizi come nei recessi dei carruggi. Era lì che il giovane Fabrizio fuggiva, o forse si rifugiava, per cogliere il senso vero della vita. E lo trovava fra le pieghe graziose di una ragazzina di strada, nell’allegria insensata di una pazza, n