Modena, Maria è immobile e senza più voce: «È una vita bella, la voglio vivere» Modena Paralizzata da dieci anni, per tre è stata creduta in coma e invece vedeva e sentiva ogni cosa Non ha mai perso speranza e ottimismo.

E' davanti a storie  come  questa , una delle tante  di coloro ha  scelto  di   continuare  a vivere   fra  le sofferenze  ,  che   mi rendo conto   ( OVVIAMENTE  RISPETTANDO  E NON GIUDICANDO  LA LORO SCELTA )   di come   siano più  "  tutelati  " nella  scelta    loro   di quelli   che  fanno  la scelta  di vivere  nella sofferenza  . Tutta  colpa  di   un manipolo   di  politicanti   che non ha  le  palle  il  coraggio   di portare   alla  discussione  parlamentare   e  quindi  fa  mettere  ai  voti   o   portarla  a l referendum    come  si fece  (   erano altri tempi   e  i vecchi politici    avevano più coraggio   ed  avevano il   vero valore   dell'etica    , SIC  ) per  il divorzio e  per la l'aborto  ,  la legge    sul testamento biologico  \  fine  vita  . 


Modena, Maria è immobile e senza più voce: «È una vita bella, la voglio vivere» 

Modena Paralizzata da dieci anni, per tre è stata creduta in coma e invece vedeva e sentiva ogni cosa Non ha mai perso speranza e ottimismo. 

MODENA L’occhio di Maria dice tutto. Spalancato su un mondo fatto di affetti e poche cose, chiuse in una stanza, grazie a un computer parla di dolore, ricordi e nostalgie. Ma anche di speranza e gioia di vivere “a qualunque costo”. Un atteggiamento straordinario, perché Maria Ragazzi, 68 anni, a causa di un incidente stradale, è completamente paralizzata da dieci anni. “Mi è stato tolto tutto – scrive - mi è rimasta solo la speranza, quella è radicata in me profondamente e non si può abbattere”.

In termini medici è tetraplegica, soffre di disfagia e anartria. Significa che non muove le gambe, le braccia e le mani, non parla, non può mangiare come gli altri e viene alimentata con una cannula. Gli restano l’udito, l’occhio destro e soprattutto una mente non solo vigile, ma vivace. E consapevole della propria condizione: “Sento una grande nostalgia per i tempi passati e vivo di ricordi; questa nuova esistenza non mi dispiace, anche se è molto vuota”.





















Qual fiamma tiene accesa la tua speranza?
«I miei figli».

Sei orgogliosa di loro.

«Molto».
Vive immobile in un letto, eppure per lei, “la vita è bella” come ha scritto nel suo diario. Un racconto intimo che è diventato un libro in uscita: si intitola “Ascoltami”, una richiesta semplice che suona come una preghiera.
Altri, nelle sue stesse condizioni, hanno cercato la morte, supplicando la fine di un calvario interminabile, prigionieri di un corpo diventato estraneo e insopportabile. Lei no.

Conosci la storia di deejay Fabo?

«Sì».

Che cosa ne pensi?

«È una libera scelta».
Se deejay Fabo ha disperatamente voluto far cessare la sua “non vita”, Maria al contrario vuole ostinatamente vivere, coraggiosa e indomita, anche se le sue giornate sono dure, anche se ogni centimetro del suo corpo porta evidenti i segni delle sofferenze patite. Le mani gonfie, le gambe innaturalmente sottili e il volto che non è più quello di una donna serena e che con pudore lei non vuole sia fotografato “perché non mi riconoscerebbero”.

Che cosa ti manca di più?

«La voce».

Vorresti poter parlare come un tempo?

«Sì, il computer non mi basta».
Ha sopportato tanto, Maria, e ancora tanto dovrà sopportare: questo non la spaventa: “Vive la vita, o quel che per lei ne rimane, assaporandola fino all'ultima stilla e ad essa non intende rinunciare, né porvi anticipatamente termine” spiega Roberto Masoni, il suo giudice tutelare. Così le piccole cose acquistano altre dimensioni: “Oggi – scrive Maria – Milena mi ha fatto assaggiare un frullato e una mousse di mela e ho deglutito finalmente dopo 5 anni di flebo”. E riesce a sorprendere tutti facendo progetti per il futuro: “Giusi mi ha dato una magnifica notizia: Vasco Rossi terrà un concerto al Parco Ferrari il primo luglio… Io spero di andarci perché lui mi piace tanto e conosco bene quel parco”.
Con l’occhio scrive, un sintetizzatore vocale legge le sua parole. “Ormai vivo solo per scrivere al computer che ho sempre detestato”. Maria, che insegnava italiano ai bambini stranieri, scrive ogni giorno, così è nato il suo diario “per aiutare quelli che si trovano nelle mie condizioni”.
Carlo Bonacini di Artestampa, che sta per pubblicare “Ascoltami”, crede nel libro di Maria. Per lui non è più un'operazione editoriale come le altre, ma qualcosa di più, nella quale spendere energie e mettersi in gioco. Riordinare il flusso di pensieri e ricordi di Maria non è stato semplice, tanto era il materiale su cui lavorare. E più il progetto andava avanti, più acquistava spessore. “La nostalgia che si respira negli scritti dei primi anni diventa riflessione sulla sua condizione d'inferma, occasione per fermarsi a pensare alle possibilità che ancora le restano, il significato più vero e profondo dell'esistenza. Maria è una donna colta e intelligente, ironica e sensibile. Si poteva lasciare cadere nel silenzio il suono di questa voce?”.
È un diario di viaggio, quello di Maria, attraverso tre vite. La prima simile a tante altre, fatta di una famiglia serena, un marito, due figli. La vita di oggi, nella struttura “9 Gennaio” con accanto gli infermieri, la logopedista Maria Letizia Lombardi e il tutore legale. E poi la vita di mezzo durata tre anni e peggiore, se possibile, dell’invalidità totale e permanente.
“Un mio collega che insegna matematica - scrive Maria - una volta in sala professori mi ha parlato di questo numero dicendo che il 7, rispetto ad altre cifre, è il numero magico per eccellenza, è l’emblema della totalità dello spazio e del tempo. È anche il segnale del cambiamento. Tutte storie; io non credo alla numerologia e in più odio la matematica”. Eppure la storia di questa famiglia modenese cambia il 7 luglio 2007.
È un sabato mattina, Maria e suo marito Italo decidono insieme di fare una gita in moto alla Pietra di Bismantova. C'erano già stati, ma “ogni volta rimanevamo stupefatti da tanta meraviglia e ricordavamo quando a scuola l'insegnante ci leggeva quei versi di Dante che la paragonava al monte del Purgatorio”. Italo e Maria salgono su una Yamaha 750 e partono. “Era bello stare abbracciata a Italo, condividere passioni ed emozioni”.
Lungo la strada, sull'asfalto, finisce la prima vita di Maria, quella luminosa. La descrive così: “Avevo raggiunto la pace e l’equilibrio ed ero felice di quello che avevo: un bel marito, due figli, un lavoro che mi piace e, finalmente, un benessere economico”. Poi il buio.
Vengono investiti da una motocicletta. “A un certo punto sento Italo gridare Mariaaaaa tieniti forte e senza che neppure io me ne accorga sono sdraiata per terra, sento un liquido caldo che scende lungo la gamba destra e sento un dolore lancinante alla spalla, la testa mi gira ma il casco è ancora al suo posto. Italo è a terra esanime ma muove una mano. Il suo casco è sventrato e si intravvede una lunga lacerazione sulla testa. I pantaloni sono strappati ed esce molto sangue dalla gamba destra. I due motociclisti che ci hanno investito sono doloranti ma lucidi anche se sotto shock. Subito si fermano in tanti”.
Italo avrà una gamba amputata e una lesione cranica irrimediabile, Oggi vive nella stessa stanza di Maria, anche lui sul letto, dove mangia e dorme. “Poveretto, nelle sua condizioni non può fare altro” commenta Maria. Lei invece sembra meno grave. “La diagnosi aveva messo in luce solo traumi in diverse parti del corpo, ma niente di grave”. Una volta dimessa dall'ospedale, però, perde conoscenza. La trovano i suoi figli vicino al letto.
Ecco come Maria racconta nel diario il suo risveglio.
“Non so quanto tempo è trascorso, ma sono distesa su un letto in una piccola stanza con un altro letto occupato da una signora anziana. Non riesco a muovere nessuna parte del corpo, ho un buco nella gola dal quale escono dei tubi di gomma, ho un occhio chiuso ma quello destro funziona. La stanza è luminosa, c’è un televisore a parete acceso. Il giornalista inizia il telegiornale dicendo che è venerdì 24 agosto. Ma come? Cosa è successo? Come mai sono in ospedale e non a casa?”.
Maria non riesce a parlare, a muoversi. “Sono sicura che si tratta di un problema temporaneo; domani andrà meglio. Ma anche i giorni successivi la situazione è la stessa. Vengono i miei figli ma anche a loro non riesco a fare capire che li sento, che capisco quello che dicono ma che non posso parlare. E passano i giorni, le settimane e i mesi”.
Tutti la credono in coma, colpita da ictus “probabilmente conseguenza di un trauma cranico”. Ma lei non è in coma. Sente e vede dall'occhio destro tutto quello che accade nella stanza, le parole di chi le fa visita, dei medici, del personale infermieristico. Sente e nessuno se ne accorge. Capisce ma non riesce a comunicarlo. Uno stress talmente forte e debilitante che le causerà anche crisi cardiache. Tre anni di incubo, al centro di un mondo che la considera perduta. Cosa si può dire di fronte a una persona in coma da tempo, un corpo che non ha più anima, destinato a restare in un penoso stato vegetativo? Maria ascoltava, impotente, incapace di gridare “io ci sono, vi ascolto, capisco ogni vostro discorso”.
La vita di mezzo finisce per caso. Una addetta alle pulizie sta lavorando nella stanza e urta un braccio di Maria, d'istinto le chiede scusa e guardandola in faccia nota un leggerissimo movimento dell'unico occhio aperto. Resta stupita: quella donna è in coma da anni, non sente nulla eppure... Nel dubbio le ripete la stessa frase di scuse e la reazione è la stessa: succede qualcosa di inaspettato, l'occhio ha un piccolo movimento. La donna delle pulizie corre a chiamare i medici. “Inizia una nuova vita”, scrive Maria La terza.

Maria,

riesci a sognare?

“Sogno spesso il mio gatto”
Non possono portartelo qui?
“No, ha un carattere molto selvatico”
Gli animali somigliano sempre ai loro padroni.
L’occhio di Maria sbatte. E’ il suo sorriso

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