le storie dei figli delle vittime dei femmicidi ovvero gli orfani di stato



 in sottofondo


 
Di alcune storie ( salvo casi eccezionali ma relegati in fondo quasi all'ultima pagina prima dei programmi tv e dello sport in queli nazionali o nelle prime a livello locale regionale come il caso di quella di Vanessa ora diventa mele ed aver abbandonato il cognome del padre uxoricida ho raccontato nei dettagli la storia in qualche vecchio post del blog ) riguardanti i femminicidi si parla solo della violenza ma non del post violenza e soprattutto di figli\e che hanno visto uccidere la loro madre ed hanno ed ancora subiscono tutto il travaglio psicologico che ne consegue . Ed è questo articolo interessante  che  voglio riportarvi  .
da repubblica de 11\6\2016

di mria Novella de Luca


ROMA. Si sentono orfani due volte,sopravvissuti nel silenzio, avvolti nel lutto come una seconda pelle. Sono 1628, secondo l’ultimo parziale censimento, i più piccoli
hanno pochi mesi, i più grandi sono già adulti. Sono i figli, anzi gli orfani del femminicidio, la Giustizia li definisce “vittime collaterali”,un esercito di bambini le cui
madri sono state uccise dai mariti,dagli ex, dai compagni. Assassiniche poi si uccidono, o finiscono in carcere, ma per i figli è lo stesso: si ritrovano soli, affidati a parenti,dati in adozione, migranti tra istituti, comunità, case famiglia.
«Come può uno di noi coltivare un sogno, se in pochi istanti da figlia ti ritrovi orfana, e nessuno più si occupa di te, perché per lo Stato non siamo altro che fantasmi?
» si chiede Nancy Mensa, 22 [  foto  sotto  cn relativa  intervista  ] anni, tenace giovane donna che dopo l’assassinio della madre e il suicidio del padre, studia per laurearsi e diventare magistrato. Ed è oggi il simbolo di tutti gli orfani del femminicidio.
O Vanessa Mele,[  foto  a  destra   ] di Nuoro, chedi anni ne ha 30 e vive a Liverpool,e ha dovuto combattere contro un padre, Pier Paolo Cardia, che dopo aver sparato alla madre con la sua pistola
d’ordinanza,una volta uscito di prigione era riuscito ad avere la pensione di reversibilità della moglie. « Avevo soltanto 6 anni quando lui l’ha uccisa,sono cresciuta con i miei zii,è insieme a loro che ho deciso dicombattere in tribunale perché fosse dichiarato indegno di ricevere quella pensione, che spettava a me. Pensate che assurdità, lo Stato che pagava un omicida con i soldi della vittima...». Una battaglia legale lunga e difficile, che Vanessa ha portato avanti con il supporto della sua avvocatessa, Annarita Busia, fino a che il Parlamento non ha modificato quella legge assurda. E Vanessa, come Nancy, chiede che per gli orfani del femminicidio lo Stato istituisca un indennizzo, un risarcimento,
come avviene per i parenti delle vittime di mafia e del terrorismo.
Perché gran parte delle madri di quei bambini che la Giustizia con termine algido definisce “vittime collaterali”, avevano denunciato più e più volte i loro persecutori,ma nessuno le aveva protette, o peggio ascoltate. Figli e figlie che nel 50% dei femminicidi hanno assistito al massacro delle madri, come è accaduto al fratellino di Nancy Mensa, ad Avola, in una sera d’agosto del 2013. Bambini che smettono di parlare, di mangiare, non dormono più, fanno atti di autolesionismo, a volte deviano, spesso si rintanano nella droga.Un’emergenza che ad ogni strage familiare crea nuove “vittime secondarie”: oggi sono 1628,già un numero enorme. Un censimento che si deve alla tenacia di una studiosa, Anna Costanza Baldry,psicologa e criminologa, la prima a far emergere in Italia la tragedia degli orfani del femminicidio con il progetto europeo “Switch-off”, che vuol dire spento.
Come la vita di un bambino che si ritrova testimone del male assoluto: la mamma uccisa dall’uomo con il quale aveva condiviso la vita. Stragi non a caso definiti olocausti familiari. «Volevamo capire quanti fossero e come vivessero questi ragazzi. Quali sono le risposte familiari, giuridiche,sociali che vengono offerte.Ne ho incontrati molti, e tranne in alcuni casi, attorno a loro c’è il deserto. Pochissimi sostegni economici a chi li accoglie, rari sostegni psicologici, e poi una grande
solitudine. Quando si spengono le luci della cronaca e dei processi, sulle loro vite calano silenzio ed indifferenza.E molti non ce la fanno a salvarsi». Dai dati del progetto «Switch-off” emerge che il dramma maggiore è quello di sentirsi “figli di”, con il cognome di un padre diventato assassino.
Ed è per questo che Vanessa,non appena compiuti i 18 anni, il cognome di suo padre l’ha buttato alle ortiche, ed oggi si chiama Mele, come la madre. «Sono stata amata e sostenuta dai miei zii, ma non è stato certo lo Stato a pagarmi lo psicologo o gli studi. Io ce l’ho fatta, ma chi non ha una famiglia forte e mezzi economici rischia di soccombere. Per questo voglio aiutare chi ha vissuto la mia stessa tragedia». E dopo aver ottenuto il cambiamento della legge sulla reversibilità, oggi l’avvocata Annarita Busia e VanessaMele hanno scritto una proposta di legge perché i beni dei padri assassini possano essere automaticamente bloccati e sequestrati.
Spiega Busia: «Le leggi già ci sono, ma per ottenere il sequestro dei beni, le vittime devono sempre fare un procedimento civile. Noi chiediamo invece l’automatismo di queste misure, come già avviene contro i mafiosi e il gratuito patrocinio per le vittime dei femminicidi».
Per adesso però la risposta delle istituzioni è stata di assoluta indifferenza. È quello che denuncia Emanuele Tringali, avvocato di Nancy Mensa e dei suoi fratelli,fin dai primi giorni che seguirono all’assassinio madre Antonella e al suicidio del padre. Dice Tringali: «Bisogna puntare sulla prevenzione, sui tempi della Giustizia.Ma i figli dei femminicidi hanno diritto ad un risarcimento, perché nel 90% dei casi quelle stragi erano precedute da denunce non ascoltate, e quindi lo Stato ha una responsabilità. Non è una elemosina, è un diritto. Perché questi bambini non siano orfani due volte: senza genitori e senza diritti».


quindi , da  maschio faccio  io  l'appello del quotidiani  il maifesto      (  con relativa  autorcritica   )   a cui  hanno aderito  Abati Velio, Bevilacqua Piero, Baioni Mauro, Bianchi Alessandro, Camagni Roberto, Cervellati Pier Luigi, Fiorentini Mario, Dignatici Paolo, Gambardella Alfonso, Indovina Francesco, Masulli Ignazio, Nebbia Giorgio, Ottolini Cesare, Quaini Massimo, Roggio Sandro, Salzano Edoardo, Saponaro Giuseppe, Scandurra Enzo, Siciliani de Cumis Nicola, Stucchi Silvano, Toscani Franco, Vannetiello Daniele, Viale Guido    e  che triovate   qui

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