ripartire dala brigata sassari ( 1\3\1915-1\3\2015) per riscoprire la nostra identità

La brigata  Sassari  (  151 Tempio pausania  e  152  Sinnai  )   non  è  come  dice l'articolo riportato   sempre  dala nuova  sardegna  e  da  me  ripreso  su questo  blog    solo  un qualcosa  di leggendario (  la leggenda dei dimonios ( la brigata sassari ) nacque da una rissa fra soldati sardi e soldati laziali ?   )  , ma  anche  fortemente identitario   come dic e Manlio Brigalia   nell'articolo  da me riportato nel post precedente   e  come   dice questo video   come   questo  video  sulle celebrazioni  ad  Asiago  
 
 
Ora a 3 mesi  del centenario dell'entrata  in guierra  dell'italia  nella grande  guerra    e   100  dalle  fondazione della Brigata Sassari   riporto  qui    notizie     che trovate su siti  specialisti  o d'appassionati  come   questo ottimo e documentatissimo    sito  d'appassionati  chiamato apppunto  : http://www.frontedelpiave.info  in paeticolare  qui  )  libri  di mmorie   o di storici  specialisti   d'appassionati o di specialisti  sullagrande  guerra  opppure  nei tg  o  giornjali locali  ( da  cui sonp tratte le news  sotto   riportate  )   , o nelle cronanche locali     per il resto   vine  quasi ignorato o passa in secondo piano    nonostante   il grandissimo  contributo  , specie  con i ragazzi del  1899  .



dalla   nuova sardegna del 27\2\2015


 

Emilio Lussu  1890-1975
«La Brigata, tre volte fatta e tre disfatta»: una carica di eroismo I luoghi sacri: dall’Altipiano dei Sette Comuni al Monte Zebio, dalla Bainsizza a Caporetto e fino alla battaglia del Piave
A guardia delle due trincee conquistate la Brigata resta sino a maggio.Ha perso in battaglia 22 ufficiali e 213 soldati, feriti 59 ufficiali e 1536 soldati, nella difesa di gennaio-maggio 4 ufficiali morti e 9 feriti, 76 soldati morti e 410 feriti: «La Brigata fu tre volte fatta e tre disfatta» scriverà Bellieni: vi militeranno,in tutto, circa 16 mila uomini.
«Pro defender sa Patria  italiana/ distrutta s’este sa Sardigna  intrea», cantava il mulattiere  salendo l'erta, ha scritto Camillo Bellieni, padre del sardismo,anche lui ufficiale della "Sassari".
I luoghi "sacri" della Brigata,nel prosieguo della guerra, sono  altri quattro. Il primo, a giugno del 1916, è l'Altipiano dei Sette Comuni, sopra Vicenza,dove la Brigata deve precipitarsi a bloccare la pericolosa Strafexpedition austriaca: due mesi e mezzo di combattimenti,49 ufficiali morti e 106 feriti,456 soldati morti e 3.476 feriti.Nei mesi successivi, sino al giugno  1917, partecipò alla controffensiva  sull'Altipiano e in  Val di Ronchi.Il secondo è, sullo stesso Altipiano,ilMonteZebio e le sue  trincee di Casara Zebio, Monte Fior, Castelgomberto. Vi si  combatte dal 9 giugno all'8 luglio:
la giornata più tragica è il 10, quando l'"Azione K" inizia tragicamente con un errore della nostra artiglieria, che bombardaa lungo i soldati che  stanno per uscire dalle trincee.
Nell'Archivio storico dell'Esercito  Giuseppina Fois ha trovato un biglietto  tutto macchiato del sudore del portaordini: c'è  scritto «In nome di Dio, allungate  il tiro, ci state massacrando ».
L'attacco si infrange contro  i reticolati intatti, ci sono 8  ufficiali morti e 21 feriti, 99 soldati morti e 887  feriti  
Il terzo è l'altipiano della Bainsizza. Per mesi, da ora, mancheranno  dei dati ufficiali sul bilancio dei morti e dei feriti, i  diari dei battaglioni sono stati  perduti a Caporetto: ma quando si scende al piano «i reparti  che si trovano vicino alla sua direttrice accorrono da ogni  parte per vederli e applaudirli », è sempre Motzo che lo racconta nel suo “Gli intrepidi sardi della Brigata Sassari” pubblicato nel 1931.Il quarto evento è, a partire dal pomeriggio del 26 ottobre,la ritirata di Caporetto.Neanche qui la Brigata si smentisce. Chiamata a rallentare  l'avanzata della spedizione austro-tedesca, mentre l'esercito si disfà al grido di "Tutti a casa" («Mai più un inverno in trincea», predicano i socialisti), fa di Codroipo uno dei nodi della strenua resistenza:«Vincemmo - dicono le memorie di guerra di un alto ufficiale tedesco - nonostante avessimo di fronte la più valorosa formazione dell'esercito italiano, la Brigata Sardegna».Il 9 novembre tutti i ponti sul Piave sono stati fatti saltare: il Genio è pronto a far saltare anche quello, ma mancano dei reparti.Il VII battaglione compare di lontano, il capitano Musinu lo ha portato in fila, fucile a spall'arm come a unaparata. Il battaglione passa il ponte,Musinu
dà "l'attenti a destr' " per salutare un gruppo di ufficiali,poi il ponte viene fatto saltare.
C’è anche un quinto luogo,sono i Tre Monti, Col del Rosso,Col d'Echele, Valbella, dove l'esercito italiano riprende l'iniziativa. Grande battaglia,dal 28 al 3 gennaio, grande vittoria.
Ci sono adesso anche i ragazzi del '99. La mattina dell'assalto nessuno in tutta la Brigata marca visita (quindici ufficialimorti e 43 feriti, 147 soldatimorti e  690 feriti).
Il 28 gennaio sarà la festa della Brigata, e un articolo dello Statuto aveva fissato in questo giorno la festa della Regione sarda.
E poi c’è il Piave. È la parte forse meno conosciuta dell'epopea della "Brigata Sassari",eppure sono giornate di ininterrotti scontri all'ultimo sangue,inesauribili corpo a corposulle rive del fiume. Gli austriaci sferrano l'ultimo grande assalto,tutte le formazioni italiane resistono. Il 28 giugno muore,a 28 anni, Attilio Deffenu,grande intellettuale, uno dei padri dell'autonomismo regionale.Il 29 ottobre la battaglia delPiave è finita. La "Sassari" passa il fiume «a guado, con l'acqua sino alla cintola», a Salettuol di Maserada e il 18 novembre raggiunge la linea di confine stabilita dagli accordi dell'armistizio, al limite orientale dei monti e i fiumi dove aveva combattuto


Gli austriaci iniziarono subito a temere quei sardi indiavolati
che attaccavano all’arma bianca e si abituarono a chiamarli
i “diavoli rossi”
                            Manlio Brigaglia 




I primi battaglioni della Brigata passarono l'Isonzo il 24 luglio. Cominciava la guerra, la lunga fase della "guerra cadorniana", pagata soprattutto dalle fanterie mandate a sbattere, nei giorni di battaglia, contro i reticolati austriaci, preparati già da gran tempo prima, protetti da un'artiglieria pesante  piazzata  con particolare oculatezza: sino a Caporetto, la guerra di Cadorna fu una guerra di uomini (italiani) contro difese poco meno che insuperabili.Dove non bastavano le armi,dovevanosupplire gli uomini.
copertinma della domenica del corriere   dedicata  ala Brigata  sassari 
Per fare il loro dovere gli uomini della Brigata diventarono presto specialisti in assalti alla baionetta trasformati spesso in assalti all'arma bianca,in corpo a corpo mortali.Non è favola che gli austriaci temevano quei sardi indiavolati,si abituarono a chiamarli "i diavoli rossi".Il primo anno di guerra - da luglio a dicembre - fu  contrassegnato da due grandi battaglie.
La prima, tra luglio e agosto,per prendere una fila cupa  di boschi (Bosco Cappuccio,Bosco Lancia, Bosco Triangolare) e una posizione particolarmente munita, che i soldati chiamavano "il Trincerone".
In quegli scontri la Brigata perse 13 ufficiali e 54 furono  feriti, 384 soldati morirono e 2.688 furono feriti. Si contarono anche i primi 57 fanti dispersi: termine con il quale le norme ufficiali accomunano caduti di cui nonfu trovato il corpo, altri fatti prigionieri e anche altri che forse erano fuggiti.La seconda, all'inizio di novembre,fu una battaglia particolare furore, per prendere una posizione in cui, in pochi metri di terra, quando vi arrivò la Brigata erano già morte centinaia di uomini. Due brevi trincee a poche decine di metri di distanza una dall'altra, che i nostri soldati chiamavano da quello che vedevano: la Trincea delle Frasche,
per come erano coperti i parapetti, e la Trincea dei Razzi,che da lì partivano ad illuminare la notte. Diverse formazioni italiane vi erano state decimate: mentre la Brigata saliva a prendervi posizione -
racconta Leonardo Motzo,"uno che c'era" - «dalla linea scendevano di corsa dei soldati che cercavano di allontanarsi al più presto possibile da quello che chiamavano 'l'inferno'».La Trincea delle Frasche
era lunga novecento metri e finiva nella Trincea dei Razzi, altri quattro-cinquecentometri:tutt'e due costruite da tempo,munitissime, distanti una  cinquantina di metri dalle nostre,improvvisate. Il 151° prese posizione davanti alle Frasche,il 152° davanti ai Razzi.
I fanti balzarono dalle trincee a mezzogiorno preciso del 10 novembre: la nostra artiglieria aveva tentato invano di aprire dei varchi, sparando tutta la mattina. Ma i reticolati erano rimasti intatti, le mitragliatrici facevano il vuoto:la lotta fu cruentissima dappertutto - testimonia  sempre   Motzo -: «Morti e feriti si allineavano davanti ai reticolati, che tentavano di tagliare con le pinze».
A sera gli italiani sono ancora fuori dalle trincee, e viene l'ordine che restino lì, nella terra di nessuno, fradici di una pioggia continua e violenta: la mattina dopo gli attacchi sono di nuovo infruttuosi, e la
sera i reparti vengono fatti ritirare nelle trincee di partenza.
Ma la Brigata non molla.Quel poco di terreno di fangoe morti delle Frasche e dei Razzi è il luogo del battesimo "sardo" della Brigata. Per stroncare la resistenza austriaca si decide di far saltare i reticolati
con una serie di azioni notturne di piccoli gruppi. Al mattino del 12 l'artiglieria austriaca inizia un pesante bombardamento  che durerà tutta la giornata: eppure i sassarini resistono agli attacchi. Il giorno dopo, appena dopo l'alba,il 152° parte all'assalto e dilaga nella trincea austriaca, gli occupanti si arrendono. L'indomani 15 il bollettino del Comando supremo racconteràla battaglia: «Sul Carso è continuata ieri l'azione.Per tutto il giorno l'artiglieria nemica concentrò violento e ininterrotto fuoco di pezzi di ogni calibro sul trinceramento delle Frasche, al fine di snidarne le nostre fanterie. Gli intrepidi Sardi della Brigata Sassari  resistettero pienamente nelle conquistate posizioni e con ammirevole slancio espugnarono altro vicino trinceramento detto dei Razzi. Fecero al nemico 278 prigionieri dei quali 11 ufficiali». Il Comando,apparentemente violando l'abitudine per cui non si dichiaravano mai le formazioni e spesso neanche i luoghi dove combattevano, non solo cita la Brigata Sassari ma, forse trascurando la presenza di eroici "continentali" che vi militavano (Fapanni, Osimani,Romanelli, Taddei, Pascazio,Moscato, Villetti sono nomi di ufficiali morti o feriti già nella battaglia d'estate), nomina anche "gli intrepidi Sardi".Forse la maiuscola non ha altra motivazione che un'abitudine lessicale, ma l'aggettivo "intrepidi" non è evocato a caso.Si sottolinea una specificità
del corpo, per ora soltanto una peculiarità regionale. Ma da lì parte, in Sardegna ma anche in tutta Italia, una possente ondata d'entusiasmo e di orgoglio. Gli inviati speciali della grande stampa nazionale battono la grancassa. Il Comando supremo coglie la palla al balzo e pochi giorni dopo emana una circolare con cui dispone che qualunque soldato sardo di Fanteria che voglia passare alla "Sassari" basta che ne faccia semplicemente domanda.Nasce la "Brigata di ferro",guardata a vista dai giornali,esaltata per ogni sua esaltante impresa 
 

 


 

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