Davide, spendersi per bisogno .la storia di Davide Imola sindacalista riformatore di Matteo Tassinari

non sempre  chi  lavora nela burocratia  è  un semplice   automa     che accetta   passivamente  gli ordini  senza  distinguere la regola dall'eccezione  o un maleducato  .  e questa  storia  lo dimostra  .  Se a distanza  di  3 mesi se ne  sente  ancora  a nostagia  . Ha  fatto  venire  le lacrime  a  gliocchi persino a me  che  odio tale  categoria  .
 
È con grande tristezza che scriviamo queste righe. Per ricordare Davide Imola, morto prematuramente sabato 20 dicembre, portato via da un male odioso. E il nostro pensiero e affetto va ai familiari, a partire da Marilisa, insieme con un grande e forte abbraccio.  
Per noi scapestrati quintari-e delle forme di vita e di lavoro indipendente, autonomo, intermittente, precario Davide è stato, soprattutto, il compagno con il quale confrontarsi, discutere, immaginare, progettare, inventare spazi condivisi di azione: per la tutela delle persone e di tutte le forme dei lavori. Al di là di qualsiasi steccato e semplificazione.
Davide, responsabile nazionale di quella Consulta delle professioni della CGIL che proprio grazie a lui è diventato uno dei pochi spazi, all'interno di quel sindacato, dove era possibile parlarsi e non giocare ai soliti, stantii pregiudizi.
Enoialtri, spesso
“rompiballe”, come ci diceva affettuosamente lo stesso Davide, sempre dispersi dai “piedi scalzi” nel mondo inospitale e poco felice e delle mille forme dei lavori intermittenti, precari, passeggeri, momentanei, labile e insicuro, sottopagati, con la convinzione, a volte spocchiosa, altre naïf, che fosse necessario e urgente rivoluzionare forme, mentalità e strutture del mondo del lavoro e quindi, soprattutto, del sindacato tradizionale. Tutto ciò Davide lo sapeva e certe volte m'è parso anche che vivesse il problema come suo. Eppure le molte volte che ci si è incontrati con Davide è stato quasi sempre un “noi” quello che ci ha mosso. Davide, dirigente sindacale, convinto della funzione fondamentale ricoperta da quella struttura. Noialtri, in-operosi free lance del tempo perso, allergici a qualsiasi disciplina. Perché Davide era quel tipo di persona che interrogava l'esistente e fomentava le trasformazioni, anche dentro il sindacato. Si potesse ancora dire, in questo Paese: Davide è stato un riformista visionario, dentro una struttura e un Paese ingabbiati nell'insulsa conservazione del proprio orticello. Davide, sindacalista del futuro.
 
Per questo ci siamo incrociati spesso.
Davide che ci invitava nella cattedrale cristallizzata di Corso Italia, intento ad aprire quella porzione di sindacato alle nuove forme dei mille lavori e attività del post-fordismo all'italiana e delle nuove professioni, oltre gli ordini tradizionali: traduttrici, archeologi, giornaliste, sociologi, avvocati, architette, formatrici, consulenti dai mille progetti lavorativi e dalla cronica intermittenza retributiva. Convinti che solo pensare e praticare determinate coalizioni sociali potesse darci la forza reciproca per incidere sulle oramai ultra-ventennali miserevoli politiche governative e sindacali intorno al mondo del lavoro. Pensare e praticare nuove tutele e garanzie, senza rimpianti.
Anche quando la noia di alcune riunioni mi portavano ad incrociare lo sguardo vispo di Davide, con quel suo concreto pragmatismo trasformativo, da autentico romagnolo. Io che ho sempre pensato quella regione e il suo modello emiliano, del “patto fordista capitale-lavoro”, sotto la cappa annichilente dell'Emilia paranoica dei CCCP.
 E forse proprio per questo era bello discutere con Davide: e dirsi le cose in faccia, anche quando passavano per la rete. Come in questa occasione, quasi due anni fa, sulla nostra furia dei cervelli, a partire da una diversa sensibilità intorno a reddito minimo garantito e salario minimo. Sicuramente anche a causa delle nostre eccessive semplificazioni. Oltre che dei trentennali ritardi sindacali. E proprio in quella discussione telematica, tra i commenti intervenne il caro fratello maggiore Matteo Tassinari, che ancora non ho avuto la forza di sentire, e che scoprimmo essere anche fraterno amico di giovinezza romagnola di Davide.
Davide in azione, dove c'era da battagliare per lui









“Lo vedi, Peppe, stiamo  arrivando anche noi”
Mi fu definitivamente chiaro che l'incontro con Davide non apparteneva al caso. Ci si era trovati su una irriducibile e ancestrale insofferenza a rassegnarsi all'esistente. Sulla convinzione che le litigate potevano anche finire con delle sonore, sferzanti e contagiose risate: a patto di condividere da che parte stare. Quella di chi decide di organizzarsi per strappare dignità individuale e felicità collettiva in questa vita. Anche a suon di risate, per marcare differenze e affinità. Risate come quelle di Davide, quando, dinanzi a timidissime prese di posizioni sindacali sulle trasformazioni del lavoro in Italia e la connessa necessità di universalizzare le tutele, mi apostrofava: “Lo vedi, Peppe, ci stiamo arrivando anche noi!”
 

 Fa rabbia pensare che quella risata non accompagnerà più nessuno dei nostri incontri. E non potrà più spezzare quei silenzi imbarazzati tra sindacati e quintari-e. E si fa fatica a pensare che quello spazio, aperto dalla disponibilità di Davide anche ai “piedi scalzi” come noi, rimanga tale dopo di lui.     Ci mancherai, caro Davide, nei sorrisi e nelle polemiche. Nel crederci, comunque e sempre, contro ogni chiusura settaria e ogni pregiudizio. Nel pensare che solo facendo lotte offensive e ragionevolmente furiose si possano creare gli spazi per vincere insieme, nelle differenze. 
Capitano, mio capitano, a presto, Matteo

Ci mancherai, Zio Dado, e ora dovrò dirlo anche a Matteo, prima che legga queste mie zoppicanti righe. Ciao, Davide.Che la terra ti sia lieve, caro Davide!
*Giuseppe Allegri da anni si occupa in rete e nelle pratiche culturali, spesso in incognito o sotto alias dai retrogusti consolari e  panamensi, di produzione e critica artistica, musicale, cinematografica, teatrale e di costume, seguendo il motto delle sperimentazioni culturali che hanno ibridato e trasformato i tradizionali canoni comunicativi, da dada-surrealismo, alla scena della musica elettronica e sperimentale europea, passando per situazionismi, punk e new/goth wave, club culture e depressioni caspiche, nel solco di contatti e reminiscenze di un passato da afasico e logorroico speaker di una provinciale radio indipendente.  Si è occupato e si occupa di transizioni repubblicane e costituzionali (La transizione alla quinta Repubblica, Aracne 2013; Le due Carte che (non) fecero l'Italia, Fefè editore, 2013), di cervelli furiosi e quintari-e (La furia dei cervelli, manifestolibri e Il quinto stato, Ponte alle Grazie: entrambi scritti con Roberto Ciccarelli), di sogni e deliri europei (Sogno europeo o incubo?, Fazi editore, con Giuseppe Bronzini; Democrazia e controllo pubblico dalla prima modernità al Web, Editoriale Scientifica, con molti altri colleghi), di movimenti costituenti dentro-contro il diritto sovrano (ha curato il volume di Antonio Negri, Dentro/contro il diritto sovrano. Dallo Stato dei partiti ai movimenti della governance, ombre corte, 2010). È stato con i movimenti degli anni novanta e zero degli intermittenti, soprattutto nella retribuzione, della ricerca e della produzione culturale; tra le anime della portavoce Nora Precisa, “dottoressa in nulla”, anagramma di San Precario. È uno dei promotori e animatori del blog www.furiacervelli.blogspot.it.


di Matteo Tassinari

E’ stato ad un concerto di Gaber che conobbi il “sindacalista visionario” e riformista Davide Imola nato a Riccione. Eravamo alla Fiera di Rimini, metti che fosse il 1993, e ci godemmo le ambizioni, disperazioni, solitudini e il talento del Signor G., ridendo e guardandolo anche seri per due ore di fila e di godimento puro e anche di rivalutazione spirituale. Gaber era catartico, capitava che i suoi spettacoli ti pulivano dentro o di lato o fuori anche sopra. Comunque ti pulivano e ne uscivi rinfrancato, almeno per dieci minuti. Concetto che anche Davide condivideva. Un tempo passato come quando dormi, aggraziato come la leggerezza e i pensieri erano beatitudine. All’uscita dallo spettacolo ridevamo come degli adolescenti, nonostante ci si affacciava, anzi si oltrepassava gli anta e i primi segnali si facevano sentire di una vecchiaia vissuta ognuno a suo modo. Ma quella sera, ricordarci le battute che Gaber aveva lanciato col suo Teatro-Canzone e poi una pizza e due birre per scaldare i motori e poi a letto, niente di più. Gli anni, e i decenni, passarono. Arrivò attraverso mille coincidenze i gemellaggio con gli amici del blog “La furia dei cervelli” http://furiacervelli.blogspot.it/. Da lì sono nati meccanismi che ci hanno avvicinato senza esserci mai visti, parlai praticamente a Davide tramite gli amici di “Furia dei cervelli” che avevano collegato la mia grande amicizia con Davide pur stando a Roma. La cosa ci colpì ad entrambi. Si creò questo cerchio magico, per così dire, che mi riportò una vecchia amicizia presente, che è come leggere un bel libro, una compagnia. Aveva questo carisma, di prendere in mano la situazione e farsene carico mettendoci la faccia, situazioni legate alla sofferenza umana che lui non capiva, che non sopportava e che combatteva come poteva. Come quando siamo assieme siamo andati in una giornata di freddo inverno ad un sit in un campo Rom che il Comune voleva sfollare entro una settimana. Lui era sempre il più in vista, e alla fine era il mediatore, colui che percepiva le esigenze di entrambi le parti e che doveva fare la sintesi che accontentasse le due anime. Quello che poteva fare lo faceva e si poteva vedere sprigionare una generosità stupefacente, davvero gratuita. Ora, come un fulmine, la notizia m’è arrivata all’improvviso. Quando sento dire che un'amica o un amico è morto, la prima cosa che penso è questa: ma guarda te, è morto prima di me, ma chi l’avrebbe detto? Quando, nonostante gli anni procedano a nostra insaputa, non sei in cattiva salute e procedi la tua vita, tutto è normale. Anche la morte. Non sapevo spiegarmi quel gonfiore in volto che avevo notato in una foto di Davide qualche mese fa. Mi aiutò in una causa con un giornale che pagava anche in nero e lui fece da mediatore fra me e il direttore. Ne venni fuori bene, senza alcuna denuncia e una buona parcella complessiva retribuita dopo un conteggio, più o meno, quel che non mi era stato dato. Ma quanta amarezza ! Ripensando a Davide, mi viene in mente la “borsona” dove v'infilava il suo mondo intero: carte, appunti, post-it, appuntamenti, relazioni, una borsa che la portava a tracolla con la voglia di vivere che spaccava i muri e pesantissima per i mazzi di carte che la riempiva. Il suo entusiasmo nel dedicarsi all’esistenza altrui. Tanta tenacia. Un uomo aperto a tutte le possibilità, come quando fondò l’associazione “Tanaliberatutti”. Il “Nidil” di cui era il responsabile nazionale per la Cgil. Ideatore dell'importante e utilissimo Osservatorio Ilaria Alpi, una fucina di materiale che parla di guerra a noi che non la vediamo. Poi ancora responsabile di Informa Giovani di Rimini, Riccione e Cattolica, e devo dire con ottimi risultati per i tempi passati. Sempre tutto gratis. Come tutti, caro amico mio Davide, tendiamo alla morte, come la freccia al bersaglio e mai falliamo mira.

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