Marcelo Burlon: un successo da studiare



In due anni, è passato da zero a 16 milioni di euro. Grazie a una linea di T-shirt, ad accordi intelligenti e a una capacità mediatica esemplare. Storia di County of Milan, una nuova linea di abbigliamento che ha conquistato il mondo. E che va studiata con attenzione e senza snobismo


DI SIMONE MARCHETTI


                                        Un ritratto di Marcelo Burlon



Da zero a 16 milioni di euro. In due anni, lavorando coi propri amici e facendo a pezzi le regole di un intero sistema. È la storia di Marcelo Burlon, creativo originario dell'Argentina con base in Italia, uno degli ultimi casi a far discutere animatamente il mondo della moda. In poche stagioni, con una linea di T-shirt ha raggiunto 420 punti vendita nel mondo, stringendo alleanze con i negozi più importanti di New York, Tokyo, Londra e Parigi. Non veste blogger, non fa pubblicità e si è affidato soltanto alle proprie conoscenze. Da solo, ha più successo di tutta la generazione di nuovi talenti italiani che si stanno affacciando sul mercato internazionale. Qualcuno gli rimprovera di essere troppo simile all'estetica dark e contemporanea di Riccardo Tisci per Givenchy. Lui non commenta, si appella ai simboli e ai colori della sua amata Patagonia e continua il suo percorso inarrestabile. D.it lo incontra a pochi minuti dalla sfilata che Pitti Immagine Uomo gli ha dedicato: è la prima collezione di total look, non più solo T-shirt, quindi, ma un intero guardaroba firmato Marcelo Burlon County of Milano.


"Sono emozionato e felice. Soprattutto, sono contento di avere portato qui tutte le persone che hanno creduto in me", racconta Burlon. "Da sempre guardo a loro come fonte d'ispirazione. Per la sfilata di Pitti Immagine ho voluto persone normali, non solo modelli: le persone comuni, quelle che appartengono al mio mondo sono il dna del marchio. Come deejay e come organizzatore di eventi, mi sono accorto viaggiando della necessità di identificazione e di riconoscimento attraverso simboli condivisibili e rappresentativi. Le mie T-shirt e il loro immaginario estetico sono stati come un collante che è cresciuto, poco alla volta, aggregando e insieme vestendo personalità lontane e diverse, dalla realtà ai social network". Il capolavoro mediatico di County of Milan, infatti, deve molto a Instagram e Facebook, ma anche al momento storico: con la recessione economica, le nuove generazioni chiedono alla moda prodotti più facile e meno cari in grado di vestire e di creare un look con pochi dettagli, proprio come fa un T-shirt di County of Milan.
"Ora è arrivato il momento di fare un salto in avanti. Oltre al total look, abbiamo lanciato una linea per bambino, presto sigleremo un accordo di licenza con Marcolin per gli occhiali da sole. I progetti sono tanti e in continua evoluzione. La mia parabola, però, non deve restare un unicum, io credo molto nella nuova generazione di talenti della moda. C'è solo una cosa che raccomando a chi vuole intraprendere una strada seria in questo settore: trovate i partner giusti, è impossibile fare tutto da soli. Tanti, troppi stilisti indipendenti non hanno supporto morale e non riescono a trovare fondi per autofinanziarsi. È un vero peccato: oggi occorre essere creativi ma anche e soprattutto imprenditori e comunicatori mediatici".
È infatti questo il tasto che ha permesso a Marcelo e al suo business di decollare con un'accelerazione davvero potente: la capacità di essere un imprenditore e un esperto di comunicazione e non solo un creativo con buone idee. "Lo ripeto sempre: la creatività da sola non basta mai", commenta Roberto d'Incau, managing partner di Lang&Partners, società internazionale di consulenza nelle risorse umane operante anche nel mondo della moda. "Il caso Burlon va analizzato e deve diventare un esempio da seguire. Ai nuovi designer ripeto sempre le stesse regole: innanzitutto la creatività, le idee sono alla base ma non sono tutto. Oggi si deve puntare al prodotto e alle esigenze pratiche dei consumatori più che alla creazione pura. Poi occorre quella che io chiamo mediaticità, ovvero la capacità di intercettare le figure chiave di chi oggi fa informazione, dai canali classici a quelli nuovi. Quindi, ci vogliono qualità manageriali, un supporto finanziario e l'appoggio di un'azienda di confezione per la produzione delle collezioni. Soprattutto, però, raccomando un consiglio che penso Burlon abbia seguito alla lettera: nuovi stilisti e giovani creativi, uscite dalle vostre torri d'avorio, lasciate i vostri atelier e immergetevi nelle strade, nei locali e nei ritrovi delle nuove generazioni. Lì si annidano le migliori intuizioni e lì la vostra creatività può trovare il trampolino capace di farla volare".


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