Terni come in Cile, un prof si ribella alla polizia in classe Parla il docente, Franco Coppoli. Cani antidroga nelle aule. Un'operazione dal sapore cileno che frutta il ritrovamento di 5 grammi di hashish.


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Marina Zenobio - Popoff Globalist



Il professore Franco Coppoli, militante dei Cobas e insegnante di Lettere presso un istituto per Geometri a Terni, rischia di essere oggetto di un serio provvedimento disciplinare da parte dell'Ufficio scolastico provinciale dell'Umbria, per aver impedito l'accesso in classe, durante la sua ora di lezione, di una quadra di poliziotti con cani al seguito che pretendeva di effettuare un controllo antidroga. Il gravissimo fatto, che ha riguardato anche altre quattro scuole del ternano, è avvenuto lo scorso 26 marzo ma se ne è avuta notizia solo ieri. 
In una intervista rilasciata a Radio Onda d'Urto il professor Coppoli racconta che aveva finito di spiegare la II Guerra Mondiale e stava interrogando quando la porta della classe si è aperta: «ho avuto un flash, ognuno ha le sue immagini mentali ma a me è venuto in mente il Cile» racconta e prosegue «il cane lupo stava per entrare, tenuto al guinzaglio sì, ma molto dinamico, dietro tre poliziotti che dicono "dovete uscire dalla classe, controllo antidroga"». Il professore pensa che non è possibile, la polizia dentro la scuola? La polizia che interrompe una lezione, una attività didattica... ma ha la prontezza di reagire e chiedere « ma avete un mandato del giudice, di un magistrato?» La risposta è negativa, è il preside che li avrebbe autorizzati, ma comunque si bloccano sulla porta mentre Coppoli si riprende dallo shock e gli dice: «la preside può autorizzarvi a entrare dentro la scuola per controllare bagni e corridoi ma dentro la mia aula, quando faccio lezione io, non entrate. Io vi nego assolutamente il permesso di entrare, sono in questo momento un pubblico ufficiale che sta effettuando un servizio pubblico, se voi provate a entrare qui dentro vi denuncio per interruzione di pubblico servizio, voi non siete assolutamente autorizzati ad entrare». Sono seguiti attimi di tensione, il dirigente della squadra ripete di voler entrare ma, comunque, di fronte alla determinazione del professore, ci rinuncia. 
Nelle altre classi, pero, gli insegnanti non hanno la stessa prontezza di Coppoli e entrano cani e poliziotti, interrompendo lezioni, compiti in classe, interrogazioni «hanno interrotto l'attività didattica obbligando di fatto i docenti a uscire dall'aula insieme agli studenti che dovevano sfilate davanti ai cani, poi i cani entravano in classe e intervenivano all'interno della classe, tra i banchi, annusando giacconi e zaini. E' una cosa gravissima - continua il professore ai microfoni di Radio Onda d'Urto - perché è stato violato lo spazio educativo... come Cobas leggiamo, questa operazione, come disciplinamento dei ragazzi, oltre che intimidazione chiara sia alle istituzioni scolastiche che ai lavoratori della scuola, ma soprattutto ai ragazzi». Quei ragazzi e quelle ragazze con cui parla di libertà e diritti, affinché un giorno possano rivendicare i loro di diritti, in un posto di lavoro, in una piazza o in un contesto collettivo. 
Coppoli non crede che siano stati i presidi a richiedere l'intervento antidroga, piuttosto è la questura che avrebbe chiesto di intervenire, a fare pressione e i presidi, secondo il professore «non hanno né lo spessore né la voglia di opporsi a queste richieste e quindi hanno legittimato l'intervento».
Il professore, però, va oltre il racconto del fatto e ricorda che, solo a febbraio, la Corte Costituzionale ha smontato l'impianto della legge Fini-Giovanardi, che parificava droghe pesanti e droghe leggere, dichiarandone l'incostituzionalità. «Proprio un mese dopo che la Corte Costituzionale ha detto che l'istanza repressiva rispetto a eventuali sostanze leggere, parliamo di hashish e marijuana, è di fatto incostituzionale, la polizia interviene dentro le scuole per controllare se ci sono, sostanzialmente, spinelli». 
Alla fine dell'operazione antidroga in tutte e quattro le scuole ternane oggetto dell'operazione, il bottino è stato di 20 dosi, più o meno 5 grammi tra hashish e marijuana. «Ci chiediamo - continua Coppoli - la spesa di questa operazione, ci chiediamo il senso profondo e, soprattutto, se fossero intervenuti magari in parlamento, in un consiglio di amministrazione di una azienda o di una banca probabilmente avrebbero trovato ben oltre le 20 dosi, magari di cocaina o di altre sostanze». Però l'importante è creare nei media, nel territorio l'emergenza, il problema della droga, della tossicodipendenza, senza discernimento, e poi agire in maniera repressiva. Allora, quanto avvenuto nelle scuole di Terni, è ancora più grave «perché - dichiara Coppoli - se anche trovi un ragazzo con una canna dentro una scuola, l'intervento della polizia significa rovinarlo, una denuncia penale o comunque un intervento amministrativo. La scuola invece serve proprio a capire eventuali problemi per poi intervenire; ma non con l'ottica della repressione, dei pastori tedeschi dentro la scuola. La scuola interviene con una funzione e una pratica educativa, non con la polizia, non con i cani antidroga, non con la repressione. Perché in questa maniera abdica al suo ruolo fondamentale, quella appunto di instaurare una relazione educativa con i ragazzi. In questa maniera, invece, ancora di più i ragazzi si staccano dalla scuola, dalla scuola pubblica - io dico scuola pubblica per dire quella costruita dal basso, dagli insegnanti, dai lavoratori della scuola, dagli stessi studenti - e di conseguenza la scuola diventa un luogo nemico, un luogo in cui sostanzialmente la polizia interviene in maniera indiscriminata».
Ora il professore Franco Coppoli è in attesa di una contestazione di addebito da parte dell'Ufficio provinciale umbro per non aver permesso a poliziotti e cani antidroga di entrare nella sua classe. Aspetta "curioso" di sapere cosa gli contesteranno, di aver difeso la scuola nella sua valenza educativa? Di aver difeso quello spazio contro una ingerenza inaccettabile? Chiaramente si dichiara disposto a rivendicare fino in fondo la sua azione. Anzi, chiede ai colleghi di fare altrettanto, «di fermare questa deriva di distruzione, anche simbolica, sopratutto simbolica, della scuola e dei locali dell'eduzione. Sono convinto di essere nel giusto, e non solo da un punto di vista legale, che mi interessa relativamente, ma soprattutto da un punto di vista educativo che è quello che mi interessa di più».

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