all'estero ci'insultano o ci trattano da serie b però i nostri prodotti gli piacciono \ Il vino bianco preferito da Obama prodotto da un sardo in Maremma

Il bianco di un vignaiolo originario della Sardegna è il preferito del presidente Usa e della first lady. 



Michele Satta, figlio di Vincenzo, nato a Nulvi, è l'uomo che produce il vino preferito dalla coppia presidenziale. La sua esperienza non è stata messa a frutto in Sardegna ma nei vigneti di Bolgheri, in Maremma. "Zio Baingio mi portava con sé in campagna. I miei genitori preferivano la villeggiatura sulla costa, ad Alghero. Io, nell'incredulità generale, sceglievo Nulvi. Così ho imparato a fare il fattore". 

Se gli chiedi del “Costa di Giulia”, il vino bianco preferito del presidente degli Stati Uniti Barack Obama e di sua moglie Michelle, risponde quasi infastidito. Come se soddisfare i gusti del personaggio più potente della Terra fosse un dettaglio della sua vita di vignaiolo, di “uomo di campagna”, come ama definirsi. Michele Satta ha origini sarde, visto che suo padre Vincenzo era di Nulvi, provincia di Sassari, piccolo centro di neanche tremila abitanti, lontano da tutto. Da Sassari e anche dal mare di Castelsardo (la strada è piuttosto impegnativa), ma l'isolamento non ne ha fiaccato le capacità. I nulvesi sono abili a trattare la terra e la natura. Da queste parti producono il “Grananglona”, in pratica un Grana padano fatto con latte di pecora anziché di vacca. Una prelibatezza.RICORDI A Michele Satta, che si è costruito una solida fama in Maremma, nella zona di Bolgheri (dove nasce il Sassicaia, il vino italiano più famoso nel mondo, anche questo opera di un sardo geniale, Giacomo Tachis, considerato tra i massimi enologi del mondo), quando sente parlare di Nulvi, si illumina il volto. È là, durante le vacanze estive, che ha imparato ad amare la natura. «Zio Baingio mi portava con sé in campagna, poco fuori il paese, in località “Fontana sa nughe”. I miei genitori preferivano la villeggiatura sulla costa, ad Alghero. Io, nell'incredulità generale, sceglievo Nulvi. È così che ho imparato a fare il fattore».NATURA AMICA Perché Satta più che produttore di vino (e dire che il suo Bolgheri rosso superiore I Castagni 2008 ha ottenuto un successo strepitoso e i riconoscimenti unanimi dei critici, tra cui i “cinque grappoli” dall'Ais, l'Associazione italiana dei sommelier), si considera un fattore. Ovvero, il conduttore di un'azienda agricola diversificata: terra e animali, a contatto stretto con la natura. «Ho una visione intima del rapporto con la terra. Bisogna collaborare con essa e ti ripagherà con frutti copiosi e meravigliosi».Nel mondo del vino, complesso, difficile, rischioso, Satta è entrato dalla porta di servizio. Nel 1983 ha ereditato una vecchia vigna, ancora in produzione, in località Vigna al cavaliere, comune di Castagneto Carducci, provincia di Livorno, e da lì ha iniziato. Metteva il vino nelle damigiane, all'antica, poi pian piano è diventato uno dei produttori italiani più sofisticati, non solo per la qualità delle sue bottiglie ma per il carisma che possiede. I vini italiani, ma anche quelli francesi, trasudano cultura, tradizione, odori, antiche abitudini, tempi scanditi da consuetudini centenarie. I francesi lo chiamanoterroir , parola intraducibile che dice tutto questo, contrapposto al varietalismaustraliano, statunitense o, perché no, cinese, ovvero la capacità di produrre vini, anche ottimi, da vitigni che si adattano a qualsiasi clima (cabernet sauvignon, chardonnay, merlot), ma che estrapolati dal contesto storico in cui per secoli hanno prosperato, perdono quel non so che, il terroir , appunto.LE RADICI «L'ambiente in cui viene prodotto», riflette Michele Satta, «dà al vino un'impronta irripetibile. E la dà anche alle persone. La Sardegna per me non è mai stata solo mare, lì ho trovato le mie radici. Ci torno spesso, sarò da voi in primavera per far conoscere i miei vini, che il distributore Horeca contribuirà a diffondere in quella che considero la mia terra. Io sono rimasto colpito da alcuni vermentini e da rossi ricchi di personalità. La classe dei vignaioli sardi sta crescendo, la rinascita può cominciare promuovendo le eccellenze alimentari dell'Isola. Dobbiamo capire che il cliente non è più solo il conoscente della porta accanto, ma anche l'avvocato di New York o l'imprenditore di Singapore, affascinati da un vino che arriva da una terra antica e ancora misteriosa come la Sardegna».IL PIÙ GRANDE Satta ha parole affettuose per Giacomo Tachis («un monumento») e sorride alla provocazione di qualche anno fa del più famoso enologo italiano, quando disse che i «sardi amano il cannonau ma non sanno farlo». Una provocazione che «l'uomo del Rinascimento del vino italiano nel mondo», «il principe dell'enologia», artefice e inventore di grandi vini come Tignanello, Solaia, Sassicaia, Terre brune e Turriga, poteva permettersi. «Il grande Giacomo, forse, voleva spingere i bravi e giovani enologi sardi a sperimentare vie nuove, ad avere coraggio. Per esempio, a utilizzare maggiormente il Syrah, vigneto che in Sardegna darebbe risultati eccezionali».Infine, il “Costa di Giulia”, che Barack ha ordinato al ristorante “Caffé Milano” di Washington, il 17 gennaio scorso per festeggiare il compleanno di Michelle. «Un 65% di vermentino e un 35% di sauvignon blanc per alleggerire il retrogusto di mandorla amara del vermentino». E Obama è preso per la gola. Ci voleva tanto?

Ivan Paone

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