seconda marea-tiziano sclavi gli anni del mare e della rabbia , intervista al duo secondamarea . \ rinascita del folk o canto del cigno un italia sempre più stanca e moribonda ?


ho  finito  di riascoltare per  la  3  volta  il  cd  Gli anni  del mare  e della  rabbia edito    con XL  di repubblica  di  questo mese  .
Incuriosito  da  come   la poesia  (  di Tiziano Sclavi  )  incontri la musica  (  il duo secondamarea  )   ho scritto   di  getto  questo  post-intervista 

Molto spesso, quando ci sono dei grandi eventi culturali collettivi, la stampa in generale ( eccetto forse quella specializzata ) fa 
da http://youtu.be/is36HOo5B0k
passare in primo piano il protagonista principale ed in secondo piano i co-protagonisti (se non addirittura si limita 

solo a citarli). Ebbene a me, questo andazzo non mi piace, in quanto anche i protagonisti secondari hanno un ruolo fondamentale per la riuscita del progetto . Quindi cari\e amici beccatevi questa intervista ai musicisti di Ballate della notte scura ora  Gli anni del mare e della rabbia

Esso  è  un bellissimo e coraggioso cd che rompe una ormai sempre più sterile ed evanescente e separazione tra le arti, fondono voci e ritmi di chitarre, tastiere, pianoforte, fisarmonica e batteria, e tirano fuori tutta la musicalità delle parole di Sclavi, nelle quali l’orrore quotidiano, più che da mostri, zombie e vampiri, è popolato dai fantasmi comuni e reali della solitudine e dello straniamento.

Il risultato sono queste struggenti e coinvolgenti ballate, che promettono di volare dritte dritte al cuore e di viaggiare con la mente . Questa è la sensazione che si ha (almeno per me è cosi ) ascoltando il cd in particolare ( almeno al primo ascolto ) “Il lungo addio”, come sto facendo mentre scrivo questo pezzo, vedrete, anzi, sentirete, quanto hanno ragione le recensioni che trovate qui sul  sito  della casa editrice  della versione precedente  
Ma ora, facciamoci raccontare dai Secondamarea qualcosa in più su tale progetto e non solo. 

Come è nata la scelta di mettere in musica le poesie di Tiziano Sclavi , un poeta/scrittore ancora in vita, visto che Il vostro affiatatissimo duo non è nuovo a questo genere di progetti. Infatti sempre lavorato a nodo stretto con la poesia. Avete messo in musica Dino Campana, Alda Merini, Erri De Luca, Giorgio Bassani, Edgar Allan Poe, Bukowski ....? 


Tiziano Sclavi ci ha da sempre accompagnato con i suoi fumetti e i suoi romanzi. La nostra vita è stata più felice, più anarchica e consapevole grazie a Tiziano. Abbiamo amato la sua opera e tante volte in passato, da ragazzini, ci è venuta la voglia di cantare le ballate e le filastrocche che contrappuntavano le storie di Dylan Dog. A 18 anni abbiamo messo in musica “…” tratta dall’albo “Il lungo addio”. L’abbiamo inviata alla Bonelli e dopo qualche giorno ci ha chiamato Sclavi in persona per complimentarsi. Da quel momento è nato tutto, soprattutto un’amicizia. 

Secondo voi che differenza c'è fra musica e poesia ?

Ogni forma artistica ha i propri codici, le proprie strutture interne, le proprie leggi. È entusiasmante quindi quando due forme artistiche differenti riescono a entrare in contatto, creando persino un nuovo medium. Quando musica e poesia si incontrano possono nascere delle belle canzoni. 

Quando decideste : << perché non facciamo un intero di disco con i testi di Tiziano? Allora gli telefonammo, lui si mostrò entusiasta all’idea. Ci spedì “Nel buio”, una raccolta di oltre cento testi di ballate, un vero e proprio canzoniere.>> ( da http://poesiabar.wordpress.com/2013/02/12/le-ballate-della-notte-scura-di-sclavi-e-secondamarea/ ) avete sofferto molto nello scegliere le poesie che poi sono confluite poi in “Ballate della notte scura"?

Al contrario, ci siamo divertiti molto! D’altronde siamo stati generosi: “Gli anni del mare e della rabbia”, il disco uscito con XL in questi giorni, contiene ben 20 canzoni. E ci sono già altri brani pronti per il prossimo album...


Come è nata l'idea del cd, in realtà si tratta di un sorta di ristampa del precedente (  foto  a  destra  )  più 4 canzoni , allegato alla rivista XL? 


“Ballate della notte scura” è stato pubblicato da un piccolo editore, con una tiratura limitata e una distribuzione lacunosa. È stata ben accetta quindi la proposta che ci ha fatto Repubblica di rieditare il cd per arrivare a un grosso pubblico. “Gli anni del mare e della rabbia” esce oggi in formato cd, senza libro allegato, come era l’idea originaria nostra e di Tiziano.



Adesso basta parlare solo del vostro ultimo lavoro parliamo un po' di voi 


vostre esperienze artistiche prima della formazione del duo?

Lavoriamo insieme da oltre dieci anni e siamo molto giovani. Parlare di un’esperienza artistica precedente ci sembra forse superfluo e soprattutto non molto interessante. 



È ancora valido quanto diceva  Robeto Leydi   in I SUCCESSI e GLI ERRORI DEL FOLK ITALIANO, DOPO I FURORI DELLA TARANTELLA?





è ancora valido quanto diceva http://it.wikipedia.org/wiki/Roberto_Leydi in I SUCCESSI e GLI ERRORI DEL FOLK ITALIANO, DOPO I FURORI DELLA TARANTELLA
La stampa, 15 giugno 1979
Non c'è dubbio che uno degli elementi caratterizzanti della vita culturale italiana degli ultimi vent'anni (dalla fine degli Anni Cinquanta) sia stato il progressivo recupero di interesse per la cultura del mondo popolare. E ciò da molti punti di vista, da quello scientifico a quello consumistico. L'arco delle attenzioni che sono state e sono rivolte alle manifestazioni culturali delle classi popolari è molto ampio e va a confondersi quasi, da un lato, con la moda ecologica, mentre, dall'altro, si insinua nella più viva e avanzata ricerca storica. Dal folklore come ambigua realtà «ruspante» al folklore come apertura di nuovi orizzonti anche ideologici al dibattito culturale. Ma se la ricerca e lo studio vanno bene, con un'attività che, ovviamente, ha i suoi dislivelli di qualità ma produce risultati anche importanti e .spesso emozionanti (sullo sfondo di un accademismo da liceo classico finalmente in crisi), in quella fascia che volgarmente viene etichettata come folk, e riunisce molte iniziative sia evidentemente commerciali che ambiziosamente culturali, regna una notevole confusione. Il momento «eroico» degli Anni Sessanta, connotato anche vivacemente soprattutto dal lavoro del Nuovo Canzoniere Italiano e portato alla ribalta di un'attenzione di massa dallo «scandalo» di Bella ciao al Festival di Spoleto, nel 1964, è ormai definitivamente concluso. Fenomeno proprio di fasce giovanili, il folk revival offre ai ragazzi di oggi una memoria molto impallidita (o addirittura svanita) di quei suoi anni cosi lontani sul calendario sempre più veloce dello sviluppo generazionale. E al passato, in fondo, appartengono anche gli eventi e i personaggi del periodo successivo (del periodo, cioè, della prima metà degli Anni Settanta) che ha visto svolgersi il gioco di varie tendenze più o meno vicine o più o meno lontane: l'eredità radicalizzata in senso politico del Nuovo Canzoniere Italiano; lo sviluppo in senso di fedeltà musicale ai modi tradizionali di quella stessa esperienza; la proposta seducente, musicalmente vivissima (e commercialmente fortunata) della Nuova Compagnia di Canto Popolare; le ricerche di contaminazione e di «creatività» del Canzoniere del Lazio. Non è, certo, un elenco completo, ma credo che in questi quattro filoni si possa, emblematicamente, condensare il senso del lavoro del nostro folk revival in quel periodo di transizione. Lasciando perdere, com'è doveroso, i cascami e le avventure banalmente commerciali. Se questo è il «passato», se questo è dietro di noi (magari non tanto dietro di noi cinquantenni, ma certo dietro ai ventenni e ai trentenni), qual è il presente di questo lavoro sulla musica popolare che non appartiene all'ambito dell'impegno scientifico, ma non può esser messo fuori dal panorama degli interessi per il mondo popolare che animano tante fasce di pubblico oggi? Non so se è effetto dell'età (oggi si invecchia, culturalmente, assai velocemente), ma a me il panorama non appare per nulla promettente. Soprattutto non appare ricco di fermenti innovativi, come invece negli anni fra la fine del decennio del Cinquanta e i primi anni degli Anni Settanta. Che cosa ci offre, infatti, il menù? Cerchiamo di esplorarlo insieme. Il «napoletanismo» (lanciato dalla Nuova Compagnia di Canto Popolare) un po' regge ancora, ma il «furor tarantellistico», distintivo del raduni giovanili di cinque o sei anni fa, a suon di tamburello, è giustamente in forte declino. La NCCP va ancora in giro, certo, e ha tuttora un suo pubblico, ma si tratta di un nobile monumento che va avanti sull'inerzia di una fortuna commerciale che, onestamente, è giusto sfruttare fino in fondo. Ma di nuovo e di vivo ha ben poco da dire. Questo straordinario «strumento» musicale, reso vivo da quell'uomo di genio che è Roberto De Simone, ripete la vecchia sonata. E lo stesso De Simone, del resto, ha trovato una più stimolante strada alla sua ricerca (che è, al tempo stesso, ricerca scientifica e ricerca di spettacolo) nelle realizzazioni teatrali quali La gatta Cenerentola, Mistero napolitano e Li zite 'n galera, un'opera buffa settecentesca che andrà in scena martedì 19 al Maggio Musicale Fiorentino. La bandiera del «napoletanismo» «creativo» è passata a un trasfuga della NCCP: Eugenio Bennato. E cioè a Musica Nova, il gruppo che tenta di saldare modalità popolaresche con ambizioni di creazione musicale urbana, attuale, magari tesa all'«avanguardia». A Bennato e ai suoi estimatori potrà apparire un giudizio grossolano (e un po' grossolano certo lo è, ma bisogna pur intendersi), ma a me la sua Musica Nova non sembra davvero una proposta più avanzata rispetto a quella buttata a suo tempo sul tavolo dal Canzoniere del Lazio. La bandiera (gloriosa e lacera, ma anche stinta per il passare di troppe stagioni e non soltanto per l'infuriare di tante battaglie) del Nuovo Canzoniere Italiano non raccoglie più le masse, né nella sua versione prepotentemente politica, né nella sua versione più mediatamente ideologica. Giovanna Marini offre sempre un saggio di gran temperamento teatrale ogni volta che torna sulla scena, ma il suo talkin' blues all'italiana non accende ormai più sorprese e il suo generoso inseguimento di risultati squisitamente musicali si fa sempre più distanziare da altre ricerche e altre prove, in campi non compromessi con la musica popolare. Caterina Bueno certo trasmette tuttora emozioni quando canta di cose toscane, ma la sua Toscana ci sembra pateticamente remota, datata a giorni perduti. Sandra Mantovani ha smesso di cantare, constatato l'esaurirsi delle motivazioni che, fin dalla fine degli Anni Cinquanta, fra i primissimi, l'avevano spinta a farsi cantante e a promuovere, con pochi altri, l'avvio di un movimento. Se, da un lato, il rifiuto ormai dominante per la canzone politica (non sarà riflusso, ma qualcosa del genere sarà) ha buttato ai margini il folk militante, dall'altro il massiccio arrivo di esperienze straniere, soprattutto francesi e inglesi, ha spinto gli eredi della «scuola del ricalco» (di quanti, cioè, ritenevano che bisognasse rispettare, nella riesecuzione dei canti e delle musiche popolari, i modelli stilistici della tradizione) verso la musica strumentale, più o meno «celtizzata», aspirando anche al coinvolgimento del gran ballo collettivo. Il fenomeno di questi gruppi (alcuni buoni, molti pessimi) è soprattutto vistoso in Piemonte, mentre altrove non sembra trovare sufficienti motivazioni. Ma quest'aria corre un po' dappertutto, nell'ansia di affiancare al «tarantellismo» il «monferrinismo», nell'intento di porre accanto alla riscoperta dei balli meridionali (ballati, per la verità, in modo molto ma molto approssimativo) la riproposta di quelli settentrionali. Un quadro poco allegro? A me pare. Ma forse, sotto sotto, qualcosa di vivo corre. Bisognerebbe distinguerlo. E parlarne ancora.

La musica, in particolare la forma canzone, si deve inevitabilmente nutrire di cultura popolare. Parlare di musica popolare significa parlare della nostra storia, delle nostre radici. Le nostre canzoni, pur spaziando liberamente nei generi e tendendo al cielo, sono intrise di terra e di acqua, sono fradice di elementi. Nei nostri canti c’è tutto il sole e il dramma della musica popolare e ne siamo orgogliosi. 

La rinascita anche se di breve durata fine 90/primi 2000 (materiale resistente, yo yo mundi e affini) e la standardizzazione (modena city ramblers) del folk è sintomo di questa crisi o l'atto finale ?

Siamo davvero all’atto finale. A questo punto auspichiamo un nuovo rinascimento (musicale). Noi lo stiamo portando avanti con tenacia.



Viste le vostre potenzialità , vi fermerete solo a dischi poetici e del canzoniere popolare, o andrete alla ricerca di nuove sonorità e tematiche , magari allargando come avete fatto con il vostro ultimo cd ad altri elementi? 


Siamo sempre alla ricerca, ci sono già molti altri progetti in cantiere. Ci piacciono l’espansione, la novità, la contaminazione. Aspettatevi grandi sorprese dai Secondamarea! 







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