Più vero

I giorni che precedono la Pentecoste sono scanditi da letture tratte dal Cantico dei Cantici. Cantico, quest'ultimo, da sempre usato negli sponsali, anche cristiani. Ma in realtà è il racconto di un'assenza.
In quasi tutto il testo è presente un'ansia, un inseguimento, anche spasmodico, spesso furioso perché "forte come la morte è l'amore". E' una donna che si alza e va in ricerca: e ci va trascinata da un fremito d'amore, ci va inconsapevole e incosciente di tutto. Il suo è un desiderio vivido e acceso e anche fortemente sensuale. Immaginare questa ragazza che esce per le strade notturne di Gerusalemme, in quelle case aperte come bocche nere, affascina e inquieta.
Ma s'alza, si muove, esce, il pericolo non la spaventa. La guida la forza dell'amore - e dell'assenza. E intanto descrive l'amato che le manca: lo idealizza? Come noi, come tutti, quando non abbiamo di fronte l'oggetto del nostro amore? Ma si può amare chi non si vede? Gli psicologi in questo caso parlerebbero di nevrosi perché l'uomo è relazionale e della relazione ha bisogno.
Eppure, spesso, il compimento è dolore, venato da sottile delusione. L'amato non è ideale, e con lui trascorriamo però il resto dei nostri giorni, com'è giusto, nemmeno noi siamo idealità, ma abitudine, reciproco sollievo. Allora la vita appare un cammino, allora affiora la speranza. La speranza è la sorella minore e indispensabile del viaggio terreno.
Quando i cristiani si accorgono della divinità di Cristo? Quando non c'è più; quando umanamente è troppo tardi. Manifesta la sua regalità in croce, gorgo bituminoso del non-ritorno. E poi scompare, e quando l'afferri si dilegua, come ad Emmaus.
Non è cambiato niente dopo Emmaus, perché i discepoli sono ancora pieni di timore, ancora stanno rintanati nelle loro case, hanno timore dei sacerdoti. Si riuniscono per pregare o forse solo per ricordare con rimpianto? Gesù non è più materialmente tra loro e in loro c'è una grande nostalgia. Però non è la conclusione. Con la Pentecoste arriva un'altra persona. Il Consolatore.
Ma perché consola? Perché è Persona. Dotata cioè di un pensiero e di un'autonomia. E' una persona strana, che non si vede, ma che percepiamo dentro di noi all'improvviso; in un certo senso ci inabita. Lo Spirito santo ci "spiega tutto", anche quello che non riusciamo a capire e di cui non potremmo portare il peso, non con la forza della ragione ma con quella dell'amore. Un amore stavolta compiuto, realizzato, non più deluso, ossia ostacolato, dai limiti dell'umana natura. Egli la comprende e la supera. Non solo speranza nel cammino, ma ideale incarnato. Un assaggio di paradiso.
Soltanto allora il Vangelo si fa città ed esce dalle catacombe, va a cercare gli amati, non solo tra gli eletti ma fra quei "diletti" che ancora non conosce: diviene missionario e cattolico - cioè, universale. E' ancora una donna orientale ma anche - soprattutto - cosmopolita.
L'amore fa compiere "cose folli" non in quanto smania di possesso geloso ma per eccesso, semmai, di giustizia; perché è l'ideale che si compie e s'incarna; si fa abbraccio di tutti. Diventa potente e oblativo.
La Chiesa si fonda su quest'ideale incarnato. Ha un compito più gravoso di quello dell'uomo Gesù, amplificare il suo ventre materno a ognuno, e lo fa attendendo ogni giorno, senza condizionare e mutare di fronte a un diniego, ma mantenendosi fiamma viva, e vagando per le strade a ogni ora, in particolare di notte, e all'alba, quando dorme il cuore del mondo.

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