Racconti di un viaggio (in bicicletta) dalla Spagna al Mali.




Visto che 




E' nata questa iniziativa Biciclette per l’Africa (The power of Bicycles)di The Bicycle Factory
E un iniziativa importante perchè come testimonia il video , L'Africa è come l'italia del II dopo guerra 
  (   i più anziani e i cinofili ricorderanno il film ladri di biciclette ) . Infatti : << Mentre in gran parte del mondo occidentale neonati movimenti popolari lottano per i diritti e la sicurezza dei ciclisti, nei paesi più poveri>> , secondo http://bicycletv.it/ da cui ho preso il video <<e la foto qui a  destra     la bicicletta è ancora molto di più di un semplice mezzo di trasporto. In Africa, per esempio, la maggior parte della popolazione vive nei villaggi e per rifornirsi di cibo,acqua, per arrivare in ospedale, per raggiungere la scuola utilizzare la bicicletta è l’unico modo possibile. >> Ed è grazie al progetto The Bicycle Factory lo scorso anno (2012) sono state prodotte ed inviate in Ghana, con l’aiuto economico di tanti piccoli sostenitori, 5.000 biciclette speciali chiamate Nframa, che nella lingua locale significa ‘vento‘, per via della libertà di movimento che queste biciclette permettono agli studenti che le ricevono. Le Nframa sono delle biciclette mono marcia costruite appositamente per adattarsi al terreno accidentato del paese. Il progetto The Bicycle Factory è attivo dal 2009 e sono già più di 9.000 le bici che complessivamente sono state messe a disposizione degli studenti del Ghana.Take iniziativa trova conferma indiretta in due viaggi fatti in bicicletta dall'Europa all'artica .

Ecco il manifesto dell'iniziativa  preso da   Google 

 




Questa   iniziativa  è rafforzata   da  due  viaggi  in bicicletta  dall'europa  all'Africa. IL primo  messo anche su carta più precisamente ne Il libro ‘Lentamente l’Africa’, racconti di un viaggio dalla Spagna al Mali, di Marianita Palumbo ( ne trovate la copertina  a destra e  la  foto  in basso  a  sinistra  e sotto un intervista presa  sempre    da http://bicycletv.it/  ) di è edito da Ediesse nella collana Carta bianca ed acquistabile direttamente su Amazon
IL secondo  (  tratto da  http://www.moodwheels.com/  )   dal  viaggio solitario di  Matteo pedala da solo, ma con lui lavorano persone speciali. Insieme a sua moglie, ha fondato Sport2build, un ‘organizzazione che offre “a tutti i bambini e ragazzi che si trovino in situazioni di emergenza, povertà e degrado sociale, in un contesto nazionale ed internazionale, un efficace strumento di sviluppo psico-fisico e sociale come lo sport.”
Quest’anno Matteo, per promuovere la sua Associazione e raccogliere fondi, ha percorso in bicicletta diversi paesi dell’Africa, quali Zambia, Malawi, Tanzania, Kenya, Etiopia, Sudan e Egitto. Per un’impresa del genere la sua bici era speciale: il materiale utilizzato lascia tutti a bocca aperta: carbonio, titanio, ergal e Japanium Z…..no.  Bambu! La bicicletta che ha accompagnato Matteo per oltre ottomila chilometri è costruita in bambu e pezzi di una vecchia mountain bike. Non si butta via niente.
IL primo Racconti di un viaggio (in bicicletta) dalla Spagna al Mali.Intervista all’autrice del libro ‘Lentamente l’Africa’ Marianita Palumbo di Francesco D. Ciani 



Abbiamo recentemente letto e molto apprezzato il libro ‘Lentamente l’Africa’, racconti di un viaggio (in bicicletta) dalla Spagna al Mali. Scritto e pedalato da Marianita Palumbo e Tobias Mohn. Studente di ingegneria ambientale e viaggiatore in bicicletta fin dall’età di 15 anni quest’ultimo, italiana ma parigina d’adozione, antropologa e documentarista Marianita. Questo è stato per lei il primo viaggio in bicicletta.Abbiamo fatto una chiaccherata con Marianita per soddisfare alcune nostre curiosità Come ha fatto Tobias a convincerti ad avere il tuo battesimo da ciclo viaggiatrice proprio in Africa e con un percorso così lungo e complesso?
video cattura  dal  promo del libro su  http://bicycletv.it/videos/



Mi hanno prima di tutto convinto i suoi racconti del viaggio in Asia, un anno, da solo. Non facevo che ascoltare e già incominciavo a viaggiare! Ero invidiosa della sua esperienza e allo stesso tempo appena abbiamo deciso che saremmo partiti ho smesso quasi di pensarci. La decisione era stata presa, aspettavo solo il momento di partire! Siete partiti dal fare pochi km al giorno per arrivare poi a farne anche più di 400 in soli due giorni di viaggio. Come é stato possibile?I primi giorni in Spagna sono serviti anche per allenarci. Io non volevo che le sensazioni di un continente nuovo si confondessero troppo con quelle di un mezzo di trasporto nuovo. E stato utilissimo, anche se davvero faticoso, trovarsi subito davanti le prime montagne! Partire dal piu’ difficile, mentalmente, per essere preparati alla discesa piatta vero sud! Pochi km quindi, e senza fretta, per cominciare, per imparare a usare i pedali, perché il corpo si adattasse al ritmo, e la mente alla fatica! Tobi ne aveva già fatti molti di viaggi in bici, ma anche lui era fermo da un po, quindi il divario tra noi non era cosi’ grande, anche se lui ha comunque dovuto avere pazienza e sorbirsi le mie crisi! E poi, come per magia, tutto inizia a funzionare e si smette di pensare alla bici come ad un mezzo più faticoso degli altri. Altre montage, quelle del marocco e poi il vento contrario ci hanno fatto rallentare ma poi, in Mauritania, il vento era buono ed era come volare! Ed effettivamente abbiamo raggiunto un Massimo giornaliero di piu’ di 200 km e per due gironi di seguito. Tante ore sulla bici, vento giusto che soffiava verso sud-ovest, una grande costanza nel ritrmo, e la nécessita di arrivare alla méta per ritrovare un nostro compagno di viaggio, ecco come é stato possibile! Il corpo é una machina talmente sofisticata: dopo poco si adatta e non credo di essere mai stata meglio fisicamente che durante quei km in bicicletta!
  Come’é andata a livello di visti, di permessi, di frontiere? É stato semplice o avete avuto complicazioni? Abbiamo fatto tutti i visti necessari in anticipo a Parigi, anche se quasi tutti, all’epoca, si potevano fare direttamente alla frontiera. La cosa da tenere in conto é che le regole cambiano velocemente: per esempio, per la Mauritania non avevamo fatto nessun visto perché ci avevano detto, appunto, che lo si poteva fare direttamente entrando. Ma bisogna, anche durante il viaggio stesso, informarsi non appena si é nelle grandi città, per approfittare ed eventualmente cambiare rotta. Noi, per esempio, arrivati a Marrakesh, siamo dovuti ritornare a Rabat (non é raccontato nel libro) perché solo li ci avrebbero fatto il visto per la Mauritania! Quindi é bene informarsi in anticipo e restare informati lungo il percorso! C’é stato un momento in cui scrivi che, se vi foste fermati per riposare e qualcuno vi avesse girato le bici dall’altra parte, non vi sareste accorti della differenza di paesaggio e sareste ritornati indietro. Com’é pedalare per ore nel deserto con nulla intorno oltre la sabbia? E’ allo stesso tempo estraniante e incredibilmente intenso. I gesti si ripetono all’infinito, i pensieri ti portano lontanissimo. Il cervello si metta a funzionare in maniera incredibile (forse per l’ossigeno? Forse per il paesaggio infinito?). E poi il ripetersi dei giorni, degli incontri, fa si che ci si crea le proprie abiturini, si addomestica il paesaggio e ci si fa addomesticare. Come avete fatto per i rifornimenti di acqua e di cibo? Avevamo comprato delle piantine IGN francesi abbastanza dettagliate per calcolare le tappe per il rifornimento di cibo e acqua. Ma la cosa più importante é approfittare di qualsiasi occasione per fare rifornimento, chiedere allé personé che si incontrano, e calcolare bene le distanze sul conta km. Noi non avevamo GPS, o meglio ne avevamo uno ma che é tornato indietro intatto perché non era abbastanza sofisticato per servire veramente quindi non lo abbiamo mai usato.
  Ci sono stati momenti, tanti km, in cui non avevate nemmeno asfalto ma dovevate spingere le bici sulla sabbia a mano. É stata dura? Durissima! Fisicamente e mentalmente, ma poi alla fine sono dei pezzi di strada di cui ti ricordi tutto, assolutamente tutto! E una ginnastica fisica e mentale che ti fa entrare dentro il paesaggio. Come avete fatto con i contanti? Li avete portati tutti con voi o avete prelevato man mano? Ci siamo portati dietro un po di soldi ma non molti e poi, come per acqua e cibo, appena si poteva, soprattutto nelle città piu grandi, ritiravamo. Anche per questo bisogna informarsi prima e avere carte di credito che funzionano. Se no ci sono i sistemi di trasferimento di soldi che funzionano ovunque ma costano un po! Che medicinali avete preso o vi siete portati per un viaggio del genere? Avevamo un kit di sopravvivenza, devo dire abbastanza fornito, antibiotici di base (pillole e pomata per le ferrite), disinfettanti e repellenti per le zanzare. Ci eravamo fatti consigliare da amici medici cosa portare. e poi un médicinale anti malaria che abbiamo iniziato a prendere avvicinandoci alle zone a rischio, evendola già provao a parigi per controllare gli effetti collaterali. Dopo quanti mesi riesci ad immergerti e perderti totalmente nel paese che ti ospita,in un viaggio del genere? Credo che la bici sia un acceleratore del costante processo di immersione che si subisce in un viaggio. Ma per esempio io la uso per le mie esplorazioni urbane a Parigi e ci vuole un attimo, anche solo venti minuti di pedalate, per immergersi in modo nuovo in un luogo che si conosce già! Per questo viaggio in Africa io ho percepito ad un certo punto che mi sentivo a casa, e questo a piu’ della meta del viaggio. E stato come scomparire, in un certo senso, come se mi sentissi fusa all'esperienza che stavamo facendo, che non c’era più  distanza, in un certo senso. Com’é tornare alla realtà dopo 5 mesi di immersione in terra africana? E stato tutto velocissimo. Sorvolare al contrario gli spazi che avevamo attraversato in bici é stato un po come una catarsi. E poi una volta atterrata sono stata ringhiottita dal quotidiano. Il moi sguardo su certe cose era cambiato, ovviamente, e forse la cosa piu’ bella é stata capire che quest’esperienza eccezionale mi aveva soprattutto insegnato a viaggiare anche stando fermi, a meravigliarsi di tante piccole cose anche del quotidiano, e non, come si potrebbe credere, a sminuire il quotidiano. La differenza tra viaggiare in bici, lentamente e viaggiare con altri mezzi? E ovviamente lo sforzo fisico ma non solo. Anche la maniera di mettersi in gioco in un paese che non si conosce. Ci si espone, si dipende molto dal contesto che si attraversa e allo stesso tempo si é liberi di spostarsi autonomamente. Con gli altri mezzi quello che é fantastico é condividere il mezzo di trasporto con le persone del posto. Ed è una cosa fondamentale anche quella: capire come la gente si muove localmente!Chiuderei con il tuo punto di vista sulla differenza tra il viaggiare e l’essere a casa. Essere in viaggio vuol dire negoziare costantemente la propria presenza in un contesto che non si conosce, imparare a “stare”, imparare a interagire. Credo che per i viaggiatori, al contrario, essere a casa vuol dire dover preparare chi ci sta intorno alle nostre assenze, condividendo le proprie esperienze, che è sicuramente una delle regioni dell’esistenza di questo libro.

La  seconda   tratta  da  http://www.moodwheels.com/ è quella  di Matteo Sansonetti   (  foto  sotto a destra  tratta  da  una video intervista  fattagli  l'amnno scorso  da Jean Claude Mbede Fouda  per  Afrikitalia LiveTV )  che  dopo aver ceduto il suo studio di commercialista  a Legnano   7  anni  fa  parte per lo Zambia e fonda  la  onlus   http://www.sport2build.org/ che  si occupa  di fare dello sport  uno strumento  di pace ed integrazione per  i bambini africani  creando occasioni  d'amicizia  e crescita  tenendoli lontano  d'abbandono e criminalità .
Infatti offre “a tutti i bambini e ragazzi che si trovino in situazioni di emergenza, povertà e degrado sociale, in un contesto nazionale ed internazionale, un efficace strumento di sviluppo psico-fisico e sociale come lo sport.”
Quest’anno Matteo, per promuovere la sua Associazione e raccogliere fondi, ha percorso in bicicletta diversi paesi dell’Africa, quali Zambia, Malawi, Tanzania, Kenya, Etiopia, Sudan e Egitto. Per un’impresa del genere la sua bici era speciale: il materiale utilizzato lascia tutti a bocca aperta: carbonio, titanio, ergal e Japanium Z…..no.Bambu! La bicicletta che ha accompagnato Matteo per oltre ottomila chilometri è costruita in bambu e pezzi di una vecchia mountain bike.

N.b  le  foto sono dell'articolo intervista    che  trovate  qui sotto  di  www.moodwheels.com

Cosa è stato necessario fare per prepararti a questo “giretto in bici” di ottomila Km?                          La preparazione è stata soprattutto mentale, si mi sono allenato ma non tantissimo, non ho fatto diete,anzi mangiavo tutto e di più perchè sapevo che prima o poi l’Africa mi avrebbe mangiato ! Alla fine sono arrivato tiratissimo !




 Vai in bicicletta da quando eri bambino: avendo fatto thriatlon, si evince che hai anche un’anima competitiva. Cosa succede nella tua testa quando sei sulla tua bici ?

In realtà io ho iniziato col calcio, poi con la corsa perchè l’allenatore disse a mio nonno: ‘questo corre di brutto ma di calcio ne capisce poco …’ . La bici come sport è venuta dopo. La competizione mi piace soprattutto e prima di tutto con me stesso, poi anche con gli altri. Una competizione positiva e leale che porti al miglioramento di tutti gli sfidanti. In Zambia spesso non è così: c’è molta invidia che porta a un livellamento verso il basso. Se vedo che chi lavora con me è bravo, non cerco di migliorarmi per raggiungere il suo livello ma all'opposto cerco di segargli le gambe e tirarlo giù al mio livello sfigato. Questo è un grosso problema per lo sviluppo.
In bici si riesce a pensare tanto, anche sei stimolato alla giusta velocità, vedi tante cose che non vedresti mai in macchina o in treno. Camminando ne vedresti meno, io che sono un po’ iperattivo preferisco la bici. Poi nelle situazioni critiche puoi scappare più in fretta J. La bici per me è uno dei posti migliori per trovare soluzioni a problemi grandi e piccoli.

- La tua impresa Lusaka-Londra ha un significato particolare, che nasce dalla tua attività. Quali sono le difficoltà che incontri e quali le soddisfazioni in quello che fai per l’Africa?
Difficoltà sono varie a diversi livelli. Dal fund raising alla sostenibilità dei progetti soprattutto dopo che sono stati ceduti alla controparte locale. Nel lavoro quotidiano di capacity building, è difficile far capire anche con poco, ma con un costante impegno quotidiano si possono ottenere grandi risultati, spesso non si parte se non si hanno tutti gli ‘ingredienti’ di prima qualità. Spesso ad un entusiasmo iniziale subentra in Africa uno scoramento cosmico.Soddisfazioni ce ne sono tante se no a questo punto farei altro, ma non mi piace elencarle.







- Sei già ricco della conoscenza della gente in Zambia. Questo viaggio ti ha arricchito ulteriormente?

Penso e spero di si, ma sono in conflitto d’interessi a rispondere a questa domanda. … In tutti e 7 gli stati che ho attraversato, Sudan ed Egitto inclusi, non mi sono mai sentito in pericolo quando ho avuto qualche problema ho sempre trovato rapidamente qualcuno disposto ad autarmi … in Francia mi è capitato più volte di trovare persone che non mi hanno aperto il finestrino quando ai semafori chiedevo indicazioni stradali … a livello umano abbiamo perso qualcosa rispetto all’Africa …

- Al di la’ degli incontri lungo il percorso, come hai vissuto le ore di solitudine? Come parlavi a te 
stesso?

In Africa, deserto sudanese a parte, si vive molto sulle strade. In Etiopia, ad esempio, avevo tifosi occasionali per chilometri e chilometri. Un welcome, un safari njema, un god bless you sono un doping eccezionale. Il mini Ipod mi aiutato parecchio anche se spesso pedalavo più della durata della batteria.

- Ti capita di essere “contagiato” di Mal d’Africa? Secondo te di cosa si tratta?

In Africa ci sentiamo tutti più liberi. Si torna alle nostre origini primordiali. Le persone e la natura hanno ancora tante cose che noi abbiamo quasi completamente perso. Una senso di libertà che va dosato con cura come il gas di una moto da cross se no ti ribalti. In Africa si trovano espatriati di tutti i tipi nel bene e nel male.

L’Africa è la “madre” degli esseri umani, è fantastica, ma non è perfetta. Sarebbe presunzione dire che lo siano i paesi industrializzati. Come potrebbe essere, secondo te, la perfezione sul rapporto tra questi due mondi? Cosa dovremmo fare l’uno per gli altri?
La ricetta giusta per lo sviluppo purtroppo non l’ha ancora trovata nessuno. Assistenzialismo e liberismo hanno mostrato tutti i loro limiti, ma io penso che la vera molla per lo sviluppo sia quella interna, cioè è l’Africa stessa che deve prendere coraggio, evitare di basarsi su aiuti esterni che spesso servono solo a foraggiare elite ristrette, scegliere bene i propri leaders e partner commerciali. Non corrompere come non vorremmo che ci non ci fosse corruzione da noi. Questo a livello macro. A livello micro pregare di meno e lavorare di più, non cadere nell'invidia e liberarsi dai complessi di inferiorità. Al mercato di Katete in Zambia sono stato assalito dalle domande delle fruttivendole, ‘Bambù?’, ‘Come sono uniti i tubi?’, ‘E’ resistente?’ Erano realmente interessate, non come un paio di mariti che guardavano la bici inebetiti. Come molti altri che ho incontrato non ci credevano che fosse fatta in Zambia! C’è un po’ questa idea che una cosa bella venga per forza da Europa e Stati Uniti. Una signora mi ha detto ‘ok è fatta in Zambia ma il bambù l’hai portato tu dall’Italia!’.

Commenti

Post popolari in questo blog

"Meglio in cella che testimone senza scorta" Ex pentito della banda di Is Mirrionis ruba un furgone e si autodenuncia in questura

la canzone preghiera dei cugini di campagna racconta di Jole ed Ettore, i fidanzatini sassaresi lei morì di leucemia, lui si uccise

s-come-selen-sposa-s-come-sara-sex due destini che s'incrociano