Gandhi: puritano, misogino e sessista? oppure si tratta di una decontestualizzazione ?

da  http://blog.donnamoderna.com/sessoeluna/


114349563_844e692d48.jpgSono consapevole del fatto che, in un mondo così privo di valori come quello in cui viviamo, parlare male di Gandhi sia un po’ come sparare sulla Croce Rossa….
Però, sono altrettanto convinta di almeno due cose: 1) che la storia debba sempre prevalere sul mito 2) che gli Eroi umani non siano mai totalmente deificabili, in quanto sono fatti di materia molto fragile, come del resto tutti noi.
E allora, anche il grandissimo Ghandi può (e deve) essere guardato non solo come un mito o come un Eroe, ma anche come un uomo del suo tempo, che pensava, diceva e faceva cose che, con il passare degli anni, non appaiono più condivisibili.
Se la revisione storica colpisce tutti i personaggi, compreso Gesù Cristo, figuriamoci se non poteva colpire anche Gandhi, l’uomo che liberò l’India e distrusse il potente impero britannico senza mai alzare la voce, solo con il suo movimento non violento.
Un articolo pubblicato qualche giorno fa sul giornale progressista britannico The Guardian e firmato da Michael Connellan, uno scrittore che vive a Nuova Delhi, descrive un Gandhi molto diverso da quello che tutti noi conosciamo e celebriamo, soprattutto quando si parla di diritti umani.
Il leader spirituale indiano viene presentato in questo articolo come un uomo non particolarmente attento e sensibile verso il genere femminile: un personaggio che oggi potrebbe essere definito in modo spregiativo un “puritano“, oltre che sessista emisogino. Ecco allora la sintesi dell’articolo:
Il Mahatma (che significa “Grande Anima”) ha fortemente contribuito a rendere l’India una delle nazioni più represse, dal punto di vista sessuale, che esistono al mondo, ed un luogo veramente terribile per le donne.
Gandhi disprezzava infatti i propri desideri sessuali, e disprezzava il sesso in qualsiasi contesto, tranne che per la procreazione.  Riteneva che il sesso fosse dannoso per la salute di un individuo, e che la libertà sessuale avrebbe portato la popolazione indiana al fallimento. Per questo dunque, racconta Connellan, consegnò il suo Paese a quello cheMartin Lutero chiamava, già ai suoi tempi “l’inferno del celibato”. Il Mahatma stesso fece del resto voto di castità (senza peraltro consultare la moglie).
Nei discorsi di Gandhi, così come nelle ricostruzioni storiche dei suoi agiografi, si sostiene che le donne dovevano essere considerate pari agli uomini e che il loro inserimento a pieno titolo nella società sarebbe stato fondamentale nella lotta per l’indipendenza dell’India. Niente dunque avrebbe potuto lasciar supporre un pregiudizio così forte di Gandhi verso le donne, anche perché la stessa forma di protesta da lui adottata, quella “non violenta”, viene da sempre considerata come un metodo di lotta “femminile”, capace di neutralizzare con la non violenza la brutalità “maschile” del dominio britannico.
Sembra però, da molti fatti e fattarelli, che Gandhi sulle questioni di genere la pensasse in modo decisamente ostile alle donne. Ad esempio, quando il leader spirituale indiano era ancora un dissidente in Sud Africa e scoprì che un uomo aveva molesto due ragazze, sue seguaci, Gandhi rispose a questa violenza tagliando personalmente i capelli delle due giovani, al fine di “neutralizzare l’occhio del peccatore “, che veniva così “sterilizzato”. Gandhi stesso parlò di questo episodio nei suoi scritti, lasciando trasparire un messaggio durissimo verso il genere femminile: le donne hanno la responsabilità delle aggressioni a sfondo sessuale che subiscono.
Una tale eredità culturale sembra che permanga ancora, nell’India moderna. Nell’estate del 2009 ad esempio, in alcuni Colleges dell’India del nord vi furono casi di molestie sessuali sulle studentesse. La reazione delle autorità fu quella di vietare alle donne di indossare i jeans, poiché il vestire all’occidentale veniva percepita, già di per sé, come una “provocazione” femminile da parte dei maschi del campus.
Gandhi pensava che le donne violentate perdessero il loro valore in quanto esseri umani. Sosteneva inoltre che i padri potevano essere giustificati nell’uccidere le figlie che avevano subito una violenza, per il bene della famiglia e l’onore della comunità.
Gandhi, stranamente, vista la povertà della nazione, condusse anche una guerra contro icontraccettivi, definendo apertamente le donne indiane che li usavano come “prostitute”.
Altra stranezza: per mettere alla prova il suo voto di castità, Gandhi cominciò a dormire accanto a giovani donne nude o svestite, compresa sua nipote, causando sconcerto fra i suoi discepoli.
Verso la fine della sua vita, la Grande Anima moderò moltissimo le sue idee, ma ormai, sempre secondo l’autore dell’articolo, il danno era fatto, e questa eredità culturale la si può osservare ancor oggi in ogni articolo di giornale, quando si racconta che la vittima di uno stupro si è suicidata, a causa della “vergogna“.
Per un’altra generazione dunque, dopo quella di Gandhi, sarebbe sopravvissuto l’atteggiamento gandhiano verso le donne, che possono essere tutt’oggi considerate, a seconda del loro comportamento, fonte di orgoglio o di vergogna, per gli uomini che le “possiedono”.Secondo lo scrittore indiano Singh Khushwant, citato nell’articolo, “i nove decimi della violenza e della infelicità di questo Paese deriva dalla repressione sessuale”. L’India di oggi, secondo il World Economic Forum, è, tra l’altro, uno tra i Paesi del mondo in cui la parità uomo-donna è meno realizzata.
I riformatori indiani si battono duramente contro le consuetudini del patriarcato, della dote, dei delitti d’onore, così come contro l’Aids, il feticidio femminile o l’abbandono delle bambine appena nate, ma hanno difficoltà a superare questi antichi costumi e pregiudizi indiani che non solo non sono stati combattuti da Gandhi, ma che anzi sarebbero stati da questi avvalorati.
Se la genialità di Gandhi fu dunque quella di realizzare una grandissima rivoluzione politica non-violenta, ricorda Connellan, la violenza dei suoi pensieri nei confronti delle donne ha contribuito ad incentivare innumerevoli delitti d’onore e ad una grande sofferenza fra la popolazione femminile dell’India.
Potremmo concludere con questa incisiva citazione di George Orwell, che ho letto nell’articolo: “i santi dovrebbero essere considerati colpevoli fino a che non vi è la prova che essi sono innocenti” (Reflections on Gandhi, 1949). Bella citazione, certo, che ci riporta al discorso iniziale, ovvero che la santità non è di questo mondo.
Permettetemi però di lasciarvi sempre con Orwell, ma con un’altra sua brillante citazione: “Se la libertà significa qualcosa, allora significa il diritto di dire alla gente anche le cose che non vuole sentire”…. Questo significa non solo raccontare questi fatti poco gratificanti sul massimo leader spirituale indiano, ma anche poter dire agli inglesi tutti, conservatori e progressisti, che scrivano sul Guardian, così come sul Times, che non possiamo far finta di non capire che per loro la perdita del sub-continente indiano, ad opera di Gandhi, è ancora una ferita molto difficile da rimarginare.
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Immagine: DbKing

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