storie di mare ( La bimba nata su una nave senza patria e documenti - la concordia diventa disneyland )

canticchiando  , sotto la  doccia  questa  canzone della mia infanzia  


  ho scelto  (  consapevolmente  che la canzone   è attribuile  alla  1  storia  )   tra le pagine di repubblica.it   queste due   storie 



La bimba nata su una nave
senza patria e documenti
Le organizzazioni umanitarie si stanno battendo per lei: "Le leggi non la tutelano". Ora ha 4 anni e vive in Francia con la mamma. Ma è apolide. E tra poco ci sarà la scuola 



di DAVIDE CARLUCCI


L'UMILIAZIONE potrebbe arrivare il primo giorno di scuola. "Dove sei nata, piccola?". "In una barca, signore". Muna non avrà altre risposte da dare. Perché questa bambina somala di 4 anni, che oggi vive a Parigi, non ha nessun documento da esibire. Nessun pezzo di carta in cui è scritto in quale angolo della Terra è nata. E ora le organizzazioni cattoliche e umanitarie maltesi si stanno mobilitando perché le venga riconosciuto questo diritto. Muna e sua madre, Chama Hatra  Orfana del "qui e ora" che definisce ogni esordio umano nel mondo, Muna è nata in mare, figlia di una profuga somala salvata dal naufragio con altri 74 immigrati partiti dalla Libia e diretti verso l'Italia. Era il novembre del 2008, il Mediterraneo era grosso come un bestione affamato e cinque passeggeri finirono, uno dopo l'altro, inghiottiti dalle onde. Ma in quell'inferno di morte e salsedine c'era anche spazio per tre nuove vite: Muna e, figli di una madre diversa, altri due gemelli. Per prima nacque Muna. La barca era ancora in acque libiche o, forse, già internazionali. Chi poteva dirlo, in quel momento, quando c'era solo da salvare la pelle? E così, quando accostò la nave russa Yelenia Shatrova per salvare i disperati, la piccola appena nata salì a bordo, in braccio alla madre 24enne, già con un luogo di nascita confuso. 

I due gemelli, invece, seppero aspettare. Fino a quando - la nave ormai in acque maltesi - arrivò l'elicottero della Marina militare italiana che prelevò la loro mamma e la trasportò d'urgenza all'ospedale maltese Mater Dei. "Da quel momento - spiega monsignor Philip Calleja, il presidente della commissione per gli immigrati della Chiesa maltese - il destino dei tre bambini si è diviso. I due gemelli sono stati immediatamente registrati a Malta. La bambina invece, vive ancora in un limbo civile. E questo va contro ogni elementare principio di dignità, a cominciare da quelli sanciti dalla Convenzione dei diritti dell'uomo dell'Onu". 
Calleja ha aperto un contenzioso con le autorità del suo Paese: ne è nata una disputa legale su quale nazione dovesse sobbarcarsi la registrazione della povera Muna. La Russia no, perché la bimba è nata prima dei soccorsi. La Libia? La Somalia? "Ma cos'avrebbe dovuto fare la madre - non riesce a capire il sacerdote - ritornare da dove fuggiva perseguitata?". "Ogni persona deve avere un'identità", protesta Tonio Azzopardi, l'avvocato che segue la causa e che ora, dopo una prima sentenza sfavorevole del tribunale, ha presentato un ricorso urgente in appello.
Per ottenere la registrazione anagrafica della figlia, la madre della bambina, Chama Hatra, ha fatto nel febbraio 2009 una dichiarazione giurata nella quale spiegava, chiamando a testimoni gli altri profughi che l'avevano aiutata a partorire: si legge che sua figlia è nata il 2 novembre 2008 "while on boat", "mentre era su una barca". In una autodichiarazione successiva, la donna scrive che la piccola è venuta al mondo "between Lybia and Malta". Tutto qui: sono gli unici due atti "ufficiali" - di un'ufficialità provvisoria e labile - di cui la bambina dispone per poter attribuire un luogo, sia pure vago, alla sua comparsa sul pianeta. Ma è con questi due fogli, logori perché di continuo esibiti e rimessi a posto, che Chama, dopo essere stata ospite di un centro di accoglienza a Malta, è riuscita a ottenere un lasciapassare per raggiungere nel 2009 la Francia, dove vive grazie a un progetto europeo per la ricollocazione degli stranieri ai quali l'isola, troppo piccola, non riesce a garantire la permanenza. 
"Quella bambina rischia di diventare un piccolo fantasma", teme Laura Boldrini, portavoce dell'Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati. Nel mondo, spiega, gli apolidi sono sempre di più, "almeno dieci milioni. Ma sono stime: pochi stati hanno accettato di istituire il registro che noi abbiamo chiesto. In questo caso manca addirittura la registrazione, il primo passo per l'acquisizione di qualsiasi diritto". 
Altri bambini nel mondo, spiega monsignor Calleja, si trovano o rischiano di trovarsi nel limbo di Muna. "Le legislazioni nazionali devono cominciare a tutelarli". In molte nazioni, compresa l'Italia, si decide di registrare i neonati nella città portuale più vicina alla nascita. A Lampedusa, dove le puerpere di solito emigrano verso gli ospedali di Palermo, gli immigrati hanno rimpolpato il bilancio anagrafico. E il nome di Yeabsera, una piccola etiope nata a marzo del 2011 al largo di Linosa (ma in acque internazionali), è in un registro dell'ufficio comunale palermitano. Muna, invece no: il momento della sua venuta al mondo si è perso nel tempo indefinito del mare.  
la seconda è la  morbosità della gente per  il fatto  della tragedia del  giglio avvenuta  7 mesi  fa , nonostante i tentativi  di   farla passare in secondo  luogo  dalla  discrezione e  dal buon senso :1)  è di qualche mese  fa  ma l'ho saputo solo ora   cercando foto  per il post  la richiesta   del sindaco  del  giglio che ha  chiesto   il ritiro di foto cartoline   della nave affondata  qui maggiori  news   .,  2  la  scelta   dei ragazzi del luogo   che  hanno chiesto   alle famiglie  dei   due   corpi (di cui  una bambina di  5  anni ) non ancora  recuperati    di poter  fare una festa in spiaggia  




Al Giglio Ferragosto con relitto la Concordia diventa Disneyland
ISOLA DEL GIGLIO - Succede esattamente da sette mesi, da quel tragico 13 gennaio. Ma fa ancora impressione. "Ecco, guarda la nave. Che grande".

dal  1  sito 
"Che grossa". Gridolini, spintoni per arrivare in prima fila sulla fiancata di dritta del traghetto che sta entrando nel piccolo porto del Giglio. "Quel delinquente di Schettino l'ha proprio portata sugli scogli". "Sembra un grattacielo caduto. In televisione non sembrava così". Per i "giornalieri", i turisti del mordi e fuggi, la nave Concordia è diventata una Disneyland. Padre con video camera, madre con macchina fotografica, figlio con il telefonino.
Ma adesso, per fotografare la nave della tragedia, almeno si paga.
Sui biglietti della Maregiglio e della Toremar, accanto ai 12 euro per il "passaggio" da Porto Santo Stefano all'isola, c'è infatti anche una "tassa di sbarco" da un euro. «Già da tempo - racconta il sindaco Sergio Ortelli - discutevamo di questo tributo nell'Ancim, l'associazione del Comuni delle isole minori. Da quando c'è stato il naufragio, al Giglio c'è stato il boom di questi turisti che restano sull'isola due o tre ore, mangiano un panino e lasciano una sportina di pattume. E così, invece di mettere la tassa di soggiorno, che danneggia il turismo vero, sono stato il primo ad applicare, dal 1° luglio, questa tassa di sbarco». Nel primo mese del nuovo dazio sono arrivati 80 mila giornalieri, 80 mila euro nelle casse comunali.
dalla rete 


Il bianco e il blu della Concordia sono sempre più sbiaditi. Gli oblò sono stati coperti da pannelli di legno e la grande nave da crociera ora sembra una di quelle case abbandonate dove porte e finestre sono murate per evitare occupazioni abusive. Sono arrivati grandi pontoni, con gru e piloni stabilizzatori che sembrano ciminiere. Il pezzo di mare con il relitto e le navi di soccorso che cercheranno di portarlo via ha adesso il profilo di un'acciaieria. «Entro la fine del mese - dice il sindaco - la Concordia sarà messa in sicurezza, con la chiusura delle falle. Entro il 1° dicembre la nave sarà "rotata", messa cioè in posizione verticale. Si stanno già
costruendo i cassoni che potranno permettere il galleggiamento. Spero che tutto sia finito entro la prossima stagione turistica. La Concordia crea sconcerto. Portandola via, riusciremo a dimostrare che siamo stati efficienti. E libereremo il nostro mare da una presenza poco gradita e da una possibile fonte di inquinamento».
Strano Ferragosto, quello del Giglio. I bambini fanno il bagno nell'acqua limpida e a pochi metri ci sono le barriere gialle e rosse stese in mare per bloccare il petrolio. Se guardi vicino, il Giglioè quello di sempre, con le baracchine dei barcaioli che chiedono 25 euro a persona per fare il giro dell'isola, 12 per andata e ritorno alla spiaggia delle Caldaie. Basta però alzare gli occhi per vedere i tanti "confini" che dividono il Giglio che vuole fare festa da quello del dolore. Nel piazzale dove i vigili del fuoco avevano il quartier generale per il soccorso dei feriti e il recupero delle vittime, ora si vendono olive, pistacchi e caramelle e c'è il palco dei concerti. Il molo con il faro verde è riservato ai pescatori, quello con il faro rosso è pieno di container delle ditte che stanno recuperando la nave.
Ci sono ancora due corpi, forse sotto la nave. Per le trenta vittime e i due dispersi c'è una preghiera scritta a mano, appesa a una grande ancora davanti alla Capitaneria di porto. "Il Signore dia consolazione alle famiglie, la gloriosa luce della Croce risplenda sulle loro anime...". È stata messa il 10 agosto, festa del patrono San Lorenzo. «I ragazzi del comitato della festa - racconta il sindaco - mi hanno chiesto di chiamare le famiglie dei due dispersi, l'indiano Russel Terence Rebello e la signora Maria Grazia Trecarichi, siciliana, per chiedere loro il "permesso" di poter festeggiare come ogni anno, con il palio in mare, il ballo in piazza, i fuochi artificiali. Loro hanno detto sì e hanno ringraziato per questo segno di rispetto. Dobbiamo riuscire a recuperare quei corpi, quelle famiglie hanno bisogno di piangere su una tomba.
Il Giglio è stato il teatro della tragedia, loro sono purtroppo i protagonisti». Don Lorenzo Pasquotti conosce bene i suoi parrocchiani. «Il Giglio vuole cambiare pagina.
Siamo stati bravi, la notte del naufragio, abbiamo aperto le nostre case a chi aveva bisogno. Ci hanno ringraziato da tutto il mondo, ma adesso vogliamo tornare come prima, al più presto. Con i "nostri" turisti, quelli che affittano case e vanno al ristorante, non con quelli che vengono a fare le foto, comprano una birra e un pezzo di pizza e se ne vanno. I gigliesi sperano che il recupero finisca presto, per poter vivere come prima. Gli olandesi della Smit che hanno svuotato il petrolio della Concordia erano diventati quasi gente del paese. Con gli americani ella Titan il rapporto è più difficile.
Vivono per conto loro».
In chiesa c'è la Madonnina recuperata nella cappella della Concordia. Kevin Rebello è il fratello di Russel, che faceva parte dell'equipaggio ed è morto perché, prima di cercare la salvezza, ha fatto il giro di mezza nave per aiutare gli altri. Kevinè rimasto al Giglio per quattro mesi perché aveva promesso alla madre di portare a casa il corpo del fratello, ha annunciato che tornerà il prossimo gennaio. Ieri al Tg1 è andata in onda una sua intervista in cui racconta di aver ricevuto una telefonata dal comandante Francesco Schettino, con cui ha parlato 45 minuti. «Abbiamo parlato di quella notte, lui mi ha detto "Non sono l'unico colpevole". Mi voleva far capire che ci sono tante persone... che ancora tutto deve uscire fuori». Secondo Kevin, Schettino gli ha raccontato la sua versione: «Io ero lì sullo scoglio - avrebbe detto - stavo guardando la nave, non capivo cosa dovevo fare».

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