"Milano" in piscina con Lucio Dalla

La morsa del caldo pare aver concesso una breve tregua ed è forse il momento migliore per coccolarsi in piscina. Non strapazzati dall'afa rovente, e tuttavia pregni di sogni rivieraschi, c'immergiamo nelle acque clorose come nel mare di certe coste sarde. Dove abito, è facile e comodo. La piscina dedicata a Paolo Foglia, eroe di sempre prima che solo cittadino - peraltro, qui non è mai riuscito ad abitare -, si trova alle spalle di casa. Coperta. Se ne avverte la prossimità nemmeno tanto per il caratteristico odore di cloro ma per la musica diffusa nell'aria, sfilacciata e rotante, che accompagna le bracciate dei nuotatori.
Stamane la musica parlava con le note di Lucio Dalla. Coraggiosa eppur leggera, un passo di danza, e la immaginavo accompagnare le acerbe acrobazie di giovani ondine. Milano: quella che ride e si diverte, che quando piange piange davvero, sguardo maligno di Dio. A questo ritratto così audace e complesso, Lucio ha tralasciato di affiancare la Milano dell'Idroscalo, dei Navigli e, appunto, delle piscine: dimenticanza, peraltro, forse solo apparente, perché nei tardi anni '70 quella Milano vitale e giovanilistica era ormai sepolta. Lo dimostra l'altro brano, leggermente più antico, dedicato dal poeta bolognese alla mia città natale: Corso Buenos Ayres. Un'affabulazione atroce e allucinata, dove il sole d'agosto non rimandava a spiagge assolate, non a passeggiate notturne, ma a strangolato sudore di cravatte, a sospetti, spari, terrorismo, razzismo. Non casuale, poi, la scelta d'una via centralissima, ma già in decadenza, sempre gremita ma incomunicabile, affastellata di negozi, cinema, supermercati, ambulanti e drogherie, in ordine sparso, senza alcun raziocinio. Afosa, nella già afosa metropoli, perché non protetta neppure da un qualsiasi segno vegetale. Il paradigma della solitudine concitata. "Vicina all'Europa", sì, ma nel senso deteriore.
Lucio, per sua stessa ammissione, si rappacificò con Milano proprio l'anno successivo, regalandole quel leggero tratteggio di qualità e difetti, da carezzare come una donna. Milano, il brano del perdono, è pertanto un tocco femminile, una piroetta liberty. La Milano di Milano è quella delle piscine. Non menzionata, ma intravista, "che come un uccello gli sparano in volo". Una Milano che sa conservare un cuore d'ingenuità e d'entusiasmo, un retro di bianca goffaggine, nell'esposizione di corpi cittadini così avidi di liquido amniotico, alla perenne ricerca della madre. Di lei, la città misteriosa, che si profonde talora in scoppi d'amore così incontenibili da stordire, ma talmente imprevisti che non li afferri mai del tutto. "Milano piovuta dal cielo, tra la vita e la morte continui il tuo mistero". Del mistero, specie se non circonfuso da un'aura di sacertà, è arduo, se non impossibile parlare, e infatti ben pochi autori contemporanei hanno affrontato la sfida di raccontare Milano. Lucio ci è riuscito anche nei suoi silenzi, nei suoi scorci intravisti, perché ha preferito li evocassimo noi, cedendoci il passo. Un olé da torero o, forse, una garbatezza antica, quella d'immergerci nella poesia e farla evocare a noi. Milano in piscina con Lucio, uomo di mare e di provincia, sogno fugace di fanciulla, è un tuffo in mezzo al cielo.

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