Morte a perdere di daniela tuscano


E' Calabria e sembra Africa. Ma senza alcuna cartolina. Dev'essere così l'inferno: una landa senza futuro e priva di passato, una distesa di nulla. Un cane randagio, scalcagnato, avanza nel sole. Le gambe rachitiche nell'irrespirabile aria ciottolosa.
Non sa nemmeno perché finisca dentro quel bidone di catrame. Forse inseguiva qualcosa: una farfalla, un segno alato che interrompesse, con qualche indecifrabile poesia, la monotonia di quella linearità atroce. Resta intrappolato. Nemmeno si dibatte, nel vischio nero: sa solo supplicare, con quel guaito prolungato. Che non si capisce se sia dolore o abitudine. I nessuno come lui si odono solo nel lamento.
Ma, stavolta, non si può ignorare. Piange e sembra che, con lui, pianga il mondo. Accorrono, gli umani. Chiamano un veterinario. Ma questi, constatata la sua non appartenenza, lo abbandona al suo destino. Il cane è privo di padrone. Non esiste.
Flette il capo, sotto il sole. E' lentamente crocifisso. Paga lo scotto d'una libertà incomprensibile. Prigioniero, più che del bitume, dell'indifferenza. E' solo come un cane: un numero in meno. Non occorre nemmeno disfarsi della carcassa: già si trova in uno scarico. Muore per una ricerca di felicità. A lui è stato concesso solo un allucinato presente.

Commenti

Giuseppe Scano ha detto…
grande come sempre . toccante . più di mille parole

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