La fine d'un mondo

Era proprio Finisterre. Un suono, prima d’un luogo. La brughiera di Liguria, là dove si congiungeva, tra rigagnoli cinerei e mari in tempesta, con la parte alta della Toscana, luogo misterioso e battuto dai venti, selvaggio, impenetrabile. Luogo di frontiera, dalla lingua sconosciuta. Lo splendore delle Cinqueterre. Ma anche, per me che l’attraversavo di rado, una terra incognita, in cui la ruvidezza spartana dei liguri si confondeva con la grazia scapigliata degl’ignoti, leggeri toscani del Nord.

Zona di passaggio, d’immigrazione. La mia bisnonna vi era salita dalla Lunigiana, anche questo un nome rarefatto, quasi spettrale. Dietro code di bauli, schiene, carri. E s’era poi insediata nel rigoglioso Ponente, concluso un matrimonio borghese, vissuta - poco tempo - felice.
Luogo di pietra e di storia. Da pochi giorni cancellato, travolto, assorbito da una colata di fanghiglia e liquame. Una storia sgretolata, assieme con le code di bauli, i frantoi, la grazia mediterranea, le poesie di Montale, l’ansia scalpitante di vita. Un mondo intero è stato distrutto e sepolto, per l’oblio d’un paese di montagna convinto d’essere un paese di pianura (Ascanio Paolini). Per la sciatta dimenticanza della nostra storia impervia e onerosa.

E la chiesa settecentesca di Monterosso rimembrava quella, inerpicata e inagibile, di Bussana vecchia: anch’essa distrutta, da un terremoto, centocinquant’anni fa. In una disgrazia, però, telluricamente “normale”. Qui no, qui la natura sembra essere impazzita, disfatta e ribelle di fronte allo scialo di cemento, oggetti, bitume, grattacieli ammassati per avidità, incuria, e - anche in tal caso - oblio.

Lo strazio si è ripetuto a Pompei. Ancora una volta. La città campana sembra essersi sciolta nel pianto. Il suo è un lungo, straziato “basta”. Anneghi il rosso pompeiano, le Ville dei Misteri, quella nostra antichità pagana e orientale che ci ricapitolava come uno scrigno prezioso. Crolla qui l‘Italia: nell’asettica indifferenza d’un popolo smemorato, infisso nell’indifferente pianura dell’oggi, e che si ritroverà un giorno del tutto scalzato, e demotivato, e nullo, senza capir perché.

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