Quel convertito di Gesù

Per gli ambrosiani la Quaresima è cominciata ieri. Tradizionalmente, il percorso evangelico si apre con le tentazioni di Gesù. Io però sono rimasta colpita dalle letture delle domeniche precedenti che il nostro rito designa, in modo poetico, "della solidarietà", "della divina clemenza" (un tempo, con pregnanza ancor più vivificante: "misericordia") e "del perdono". Tali letture sono pure considerate un'appendice o, meglio, una "Epifania ragionata". La Rivelazione inattesa, abbagliante e stordente, del Dio bambino ai lontani dell'umanità non poteva restare un'isolata vampa di passione. L'amore ha bisogno, per noi umani, di tempi lunghi, deve sedimentare, esser srotolato ed elusivo, perpetuo e quotidiano, altrimenti non riusciremmo a sopportarlo né a capirlo. Cosa significasse quindi quella manifestazione notturna si sarebbe disvelato pian piano, solo in seguito.







Duccio di Boninsegna, Gesù scaccia il diavolo tentatore. Sotto e in basso: Gerusalemme, picco e deserto delle tentazioni.



Gli odierni esegeti concordano ormai nel ritenere lo sconcertante episodio della donna cananea una sorta di "educazione umana" di Gesù che, da uomo, aveva i suoi limiti culturali e intellettuali, fors'anche dei pregiudizi. Fino a poco tempo fa si insisteva comunque sull'aspetto divino del Messia, che - secondo questa lettura - avrebbe maltrattato la straniera per metterla alla prova. Oggi si preferisce osservare Gesù "dal basso", in quanto più ci rassomiglia, e si sostiene che l'antica interpretazione addirittura scarnifichi il Vangelo.

 

 

E' la nostra attuale sensibilità. Per me, non mi sono mai posta il problema. Ho un'idea tutta mia della perfezione, che non faccio mai coincidere con l'infallibilità. Questa è una prerogativa che, del tutto arbitrariamente, si sono attribuiti i Papi. Ma Gesù non si è mai dichiarato né comportato da infallibile, e il suo cammino di perfezione (S. Teresa) è stato dunque graduale, accidentato, innervato d'incertezze e di rimpianti.
Senza dubbio il Gesù della cananea non è il "buon Gesù". Ci troviamo, anche qui, di fronte a un'epifania, a qualcosa cioè d'inatteso e d'imprevedibile. Veramente Gesù credeva d'esser stato inviato solo per i suoi, veramente considerava la donna lontana una intoccabile e una reietta. Peggio: un cane, e il diminutivo "cagnolino" a me addirittura non è mai suonato come un'attenuazione, ma piuttosto il contrario. Nel Medio Oriente, ancor oggi, il cane, lungi dall'essere l'"amico dell'uomo", è ritenuto un animale sommamente impuro perché simbolo del randagio che si ciba di rifiuti e si abbandona a pratiche sessuali infami. Anticamente, era associato alla sacra prostituzione in uso presso i popoli pagani.

Di conseguenza Gesù affibbia alla sua interlocutrice (quando si degna, nemmeno direttamente, di rivolgerle la parola) il confortante epiteto di "puttanella", tutt'altro che eufemistico; carico, invece, di disprezzo e d'alterigia.

Molti sacerdoti osservano che, di fronte a questo trattamento, o se ne sarebbero andati offesi, o addirittura sarebbero venuti alle mani con quel Gesù non solo maleducato, ma crudele e razzista. Una reazione più che naturale, certo; ma i preti sono maschi e dimenticano sempre che quella "puttanella" è una madre, e una madre - a differenza di non pochi padri - per i figli è disposta a sacrificare anche l'orgoglio personale.

Pertanto la madre insiste, e inghiotte umilmente persino quell'ingiuria. Sa abbassarsi al ludibrio, e solo allora viene esaudita; Gesù la chiama "donna" e sembra quasi che, per la prima volta, riconosca pienamente la sua umanità.

Gesù dunque imperfetto e prevenuto, capace però sempre di mettersi in ascolto e di lasciarsi educare; e la maestra del Maestro è donna e straniera.

A casa di Simone il fariseo Gesù torna quello che conosciamo. Anche qui la mediatrice è una donna, che in tal caso, indirettamente, con la sua sola presenza, insegna la misericordia al dotto e sussiegoso custode della Legge (oggi diremmo: al prete). Sempre il prete, nella parabola del fariseo e del pubblicano, è ulteriormente smascherato nella sua grettezza e ipocrisia.

A me piace immaginare che all'evoluzione del pensiero di Gesù, all'allargarsi della sua prospettiva inizialmente ristretta in ambito locale (una riprova del profondo ebraismo del Nazareno, checché ne blaterino i lefebvriani), abbia contribuito in modo decisivo l'incontro con quella dimenticata "cagnolina" cananea. Ma non è tutto. Mi conforta il fatto che anche Gesù abbia sofferto, o almeno sia stato lambito, da quella perniciosissima malattia dell'anima che si chiama perbenismo. Il perbenismo è stupidamente malvagio, malvagio perché stupido, venefico perché svuota il cuore, corrodendolo dall'interno. Rinsecchisce l'anima, divide in buoni e cattivi, degrada le persone a categorie, i soggetti ad oggetti. Colpisce anche i più misericordiosi.
In verità, le letture citate sarebbero scandalose anche per il semplice fatto di veicolare messaggi quanto mai sgraditi in questi tempi sospettosi e vendicativi, dove noi cristiani non brilliamo certo per una particolare pietà. Siamo forse disposti a dimostrare un alone di tolleranza - sempre più flebile, peraltro - verso i "nostri" emarginati: italiani, innanzi tutto (purché tenuti a debita distanza), e addomesticati. Il vagheggiamento decadente e incolore del debole buono, mite, umile o forse umiliato, cui lasciare un'offerta nelle cassette della chiesa, per missioni sperdute. Ma quando il debole s'avvicina, e magari lo scopriamo di pelle scura, magari nomade, magari disoccupato, magari di un'altra cultura e con gusti amorosi diversi dai nostri, allora diventa molto antipatico, un cane, e noi non siamo stati mandati per lui e non è giusto gettargli il pane nostro.

Siamo buoni cristiani e quindi, argomentano i nuovi teologi in salsa verde, europei e occidentali e padani. Come se l'orientale Gesù fosse nato a Olgiate Olona. Siamo buoni cristiani e quindi non ci scandalizzano le ronde anti-immigrati, perché quelli sono cani. Siamo buoni cristiani e quindi non proviamo alcun ribrezzo ad accettare una cultura e una politica pagane che sul mercimonio del corpo femminile hanno fondato uno dei capisaldi della loro fortuna, perché comunque ci viene promesso il finanziamento alle scuole cattoliche. Siamo buoni cristiani e quindi chiudiamo un occhio sui continui scempi alla Costituzione, ai diritti dei lavoratori, alla libertà d'espressione (anzi un eminente cardinale inquisisce sulla stampa che osa pubblicare le critiche di Hans Küng al Vaticano): il Sillabo, e la conseguente alleanza trono-altare, sono ancor oggi vagheggiati da tremebondi e feroci porporati di scarsissima fede. Siamo buoni cristiani e quindi, in nome della lotta al relativismo dei "cani", riapriamo i sacri palazzi a un manipolo di antisemiti impenitenti, mentre trattiamo da nazista ("è un assassino" , lo bolla il card. Barragan) un disperato uomo solo, divelto, scaricato col suo calvario quotidiano per diciassette lunghi anni. Un uomo che, come l'indesiderata ospite di Simone, ha forse molto sbagliato, ma ha molto amato.


Gesù non è nato a Olgiate Olona.

 

Però si trova anche a Olgiate Olona.

Gesù ha nutrito preconcetti.



Gesù si trovava a casa di un fariseo (oggi diremmo: di un prete. Addirittura di un cardinale. Forse di un Papa). Quel fariseo era perciò suo amico.




Ciò che infine sorprende, in Gesù, non è mica più tanto che abbia vinto le sue umanissime e iniziali chiusure per aprirsi ai  diseredati, anche a quelli antipatici. Questi ultimi incarnano il verbo in modo esplicito.




Per un "ricco" (un tipo rispettabile, benpensante ecc.) entrare nel Regno di Dio è invece difficilissimo; però non impossibile. La salvezza non sarebbe mai tale, se si limitasse a una qualche parzialità.

Gesù supera i preconcetti non solo verso gli stranieri, ma anche verso i suoi. La maggior parte dei farisei (oggi diremmo: dei preti) gli è ostile, ma il Gesù "rinnovato" (dalla cananea?) non ricambia l'ostilità. Ha saputo convertirsi. E' divenuto circolare. Il fatto che la maggioranza dei "preti" del suo tempo non lo accetti né lo comprenda (e alla fine, in combutta con le autorità politiche, lo sacrifichi in nome del trono-altare), non lo spinge neppure per un attimo a rinnegare la legge. Non ragiona per categorie. Nell'altro vede sempre l'uomo.
Anche Saul era fariseo, cioè prete. E ogni tanto, ancora dopo la conversione, ormai divenuto Paolo, tornava a parlare in lui il prete. E nonostante tutto era stato scelto e s'era fatto scegliere.

La Chiesa dei Barragan, dei divieti, delle scomuniche,che condanna gli E. e riammette la sètta di Lefebvre, che abbandona i "cani", non appare, non si presenta, come la Chiesa di Gesù. La Chiesa di noi cristiani della domenica, che di domenica, del resto, neppure vi mettiamo piede, non è (più) la sua. Eppure anche per noi, anche in questa Chiesa comunque voluta e amata, ci sarebbe possibilità di riscatto. Sì, anche per i benpensanti, anche per chi parrebbe il più remoto dei lontani.

La Chiesa di Barragan non è nemmeno la Chiesa di Madre Teresa, di don Carlo Gnocchi , di Lorenzo Milani. Ma proprio Milani confidava a un amico: "Errori nella Chiesa ce ne sono. Ma la Chiesa è la madre. Se uno ha la madre brutta, chi se ne frega!".

La Chiesa è la madre (come la cananea). Ogni volta che ci comportiamo da infallibili, la deturpiamo. Ma non per questo smettiamo di esserle figli. Se ciò avviene, la responsabilità è solo nostra.

Quando si recita, meccanicamente, "Dio si è curvato sulla miseria", si pensa a quella dei "cani". Invece la miseria più miseranda è la nostra, dei Simone moderni, che pure hanno creduto ma si sentono a posto, giudicano e condannano.

Anche per i piccoli e mortali dèi esiste dunque una possibilità di riscatto. Dio conosce davvero il nostro cuore, ne ha uditi i palpiti; per questo non ci abbandona mai.


 

                            Daniela Tuscano




 






Commenti

torietoreri ha detto…
Ciao, grazie del tuo invito, che ho accolto volentieri. Vieni a trovarmi!
laralara ha detto…
Mi soffermo solo su di una frase del post: Gesù non si è mai dichiarato nè comportato da infallibile - ma su che basi si può affermare questo ?

Lui ha detto: "Io sono la via, la verità e la vita; nessuno viene al Padre se non per mezzo di me" (Gv. 14:6). Se uno è la via la verità e la vita per antonomasia non può fallire, quindi è infallibile.

Gesù era "il nuovo Adamo" - un Adamo non segnato dal peccato originale, quindi, anche da un punto di vista umano, perfetto. Pieno dei doni e delle grazie che avevano i nostri progenitori prima della caduta, tra queste anche la scienza infusa.

In più Gesù è Dio - "Colui che è" Colui che non si può definire per l'infinitezza delle sue perfezioni. Impensabile parlare di cammino di conversione in Gesù.

E' un discorso privo di qualsiasi fondamento teologico.


Un saluto

Lara




dannytusc ha detto…
Premesso che le mie erano RIFLESSIONI e non ESEGESI, tipico dei fondamentalisti è proprio il soffermarsi su una frase (sganciata dal contesto) e assolutizzarla.


Sì, Gesù ha detto "Io sono la via, la verità ecc.". Ha pure detto di non conoscere né il giorno né l'ora, appannaggio solo del Padre. Ha sostenuto il perdono assoluto, eppure nei tre sinottici pronuncia parole inquietanti, forse le più inquietanti della sua vita, sul peccato contro lo Spirito santo: "irremissibile sia in questa vita, sia in quella futura". Gesù ha promesso "non passerà questa generazione prima che tutte le cose accadano"; e siamo ancora qui dopo 2000 anni, e ciò che preconizzava Gesù non si è ancora verificato. Non mi soffermo sul "Dio mio perché mi hai abbandonato" perché sono parole d'un salmo; ma il principio è sempre lo stesso. Coerenza non significa adesione bovina a una dottrina astratta. La Bibbia è piena di contraddizioni dall'inizio: esistono ben DUE racconti della creazione, l'uno diverso dall'altro e contraddittori tra loro. Ne deriverebbe, secondo la lezione di Lara, che è "priva di ogni fondamento teologico".


Il Concilio di Calcedonia del 451 ha stabilito la doppia e separata natura di Cristo: "perfetto quanto alla divinità e perfetto quanto all'umanità" in due nature inconfuse e immutate, indivisibili e inseparabili; dove "perfetto", riguardo all'umanità, non significa infallibile, né tantomeno con la "scienza infusa" (orribile e ottocentesco termine), ma completo. Uomo vero, autentico, non una parvenza, come pensavano i monofisiti e come risulterebbe dall'analisi di Lara, secondo cui Gesù non avrebbe mai commesso non dico peccati (questo è ovvio), ma nemmeno sentito tentazioni né avuto ripensamenti. E ciò è smentito sia dal Vangelo cui precisamente ho accennato, sia dalla Lettera agli Ebrei, nella quale espressamente si scrive che "Gesù, in quanto VERO UOMO, sa provare giusta compassione per i nostri errori...". Eccetera, eccetera.


D'altro lato che Gesù "apprenda" dalla sua gente (e dalla cananea) non lo sostengo certo solo io, ma - come ho esposto molto chiaramente, anche se Lara non se ne è accorta, tutta tesa a isolare una mia semplice frase - ma fior di teologi, specie conciliari (Martini, Tettamanzi, Spinetoli, Lubach ecc.), chiaramente Milani, l'illustre prof. Agnoletto col quale sostenni all'epoca un esame all'Università, lo studioso Moraldi, quegli stessi che secondo la lettrice sarebbero "privi di fondamento teologico".


E, in ogni caso, io avevo aggiunto che, per me, non si poneva il problema: nel mio limite io credo sia nella divinità sia nell'umanità di Gesù, e la perfezione per me s'identifica - lo ribadisco - col cammino e con la ricerca, con la riflessione e con l'impegno, non con l'enucleazione dall'altro di principi magari nobilissimi ma vacui e irrealizzabili. No, Gesù è stato tutto, tranne che astratto. Per questo si dice: egli ritornerà con la propria carne e non simile a un angelo.


Pertanto la visione di Lara a parer mio è fortemente deficitaria; ma non mi spingo in giudizi senz'appello come quelli espressi da lei. Non credo di averne alcuna autorità. Evidentemente la lettrice è di altro parere, e ha un'altissima considerazione di sé. Consiglio solo umilmente che, a star troppo in altro, si finisce per non veder nulla, nemmeno le banalità.


Un saluto

Daniela
compagnidiviaggio ha detto…
avevo preparato una risposta , ma vedo che tui hanno replicato in maniera approfondita e migliore di quella che ti avrei dato io

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