Gorla e Gaza, il fattore

"E' come a Gorla, è come a Gorla". Se fosse ancora viva, mia nonna commenterebbe con queste parole il raid di ieri sera, costato la vita a una quarantina di bambini e donne sfollati in una scuola dell'Onu. A Gorla nell'ottobre 1944, vent'anni esatti prima della mia nascita, si consumò una delle pagine più nere della storia di Milano in guerra: un bombardiere statunitense colpì in pieno giorno una scuola, scambiata per uno stabilimento industriale, uccidendo duecento fra alunni e insegnanti [nella foto in basso, il monumento commemorativo]. Ieri a Gaza si è ripetuta Gorla, si è ripresentato il fattore "G": vale a dire "giovani".

Ma "G" è anche l'iniziale di "guerra". Come se la più radicale nemica dei giovani provasse un perverso piacere a passeggiar loro accanto, sfiorandoli con la sua ombra fredda e, ogni tanto (ma sempre troppo spesso), ghermendoli. La guerra nasce vecchia, perché ricorda a tutti noi la remota parentela con la scimmia assassina. E' la bestiale decrepitezza che sfida il germogliare delle generazioni. Giovani, guerra, generazioni, germogli: quante vicinanze e quanti contrasti in questi termini, posati lì, l'uno accanto all'altro, a significare lo sbilanciamento dei nostri cuori su rupi di fiori o d'abissi.

I fascisti specularono sulla strage di Gorla cercando di dimostrare alla popolazione atterrita il vero volto dei "liberatori". Allo stesso modo, i soldati israeliani che hanno raso al suolo la scuola internazionale protestano la loro buona fede accusando i terroristi di Hamas i quali, a loro volta, gettano urla di sdegno, anche se sono i primi a insegnare ai loro figli quanto è bello immolarsi per la patria facendosi saltare col tritolo.

"G" come "grandi". Quando i padri tradiscono i figli, non oso pensare cosa diventeranno quei figli, dovessero scampare alla furia dei vecchi. Niente di peggio dei vecchi folli, la generazione che divora sé stessa.





                                        Daniela Tuscano

 



 

Commenti

compagnidiviaggio ha detto…
Le sofferenze, l'arbitrio con cui si distruggono vite umane, la disperazione, la privazione della dignità durano ormai da troppo tempo. Quello che è in gioco a Gaza è l'etica del genere umano


Vaclav Havel, Hassan Bin Tatal, Desmond Tutu, Hans Kung, Yohei Sasakawa, Karel Schwarzenberg, 3 gennaio

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